Era una mattina d’inverno
Pubblicato da ilaria il 31 ottobre 2007
Era una mattina d’inverno. Il sole ancora non era sorto e fuori faceva freddo. Stava nevicando. La sveglia suonò e Lucia, ancora addormentata, cercò di spegnerla. Doveva alzarsi, quella mattina avrebbe avuto inizio il suo nuovo lavoro. Lentamente, scivolò fuori dal letto caldo. Aveva paura di svegliare Matteo. “Come dorme bene!” pensò “E’ un peccato svegliarlo ora, sembra un angioletto!”. Si avviò verso la cucina. Mise a bollire l’acqua per il tè, tirò fuori dalla credenza le tazze e i biscotti al cioccolato. A Matteo piacevano tanto, era così goloso di cioccolato!
Il bollitore fischiò, versò l’acqua bollente nelle tazze e andò a svegliare Matteo.
“Amore mio, è ora di alzarsi! Dai…. Altrimenti farai tardi a scuola!”. Con i soliti mugugni, Matteo aprì gli occhi e si alzò. “Mamma, oggi non ho voglia di andare a scuola, fa freddo fuori e io non mi sento molto bene” disse Matteo.
“Su Matteo, non fare i capricci. Vai a preparati, che la colazione è pronta. E poi, oggi, la mamma deve andare a lavoro. Non ricordi che incomincio un nuovo lavoro? Non sei contento?”.
Matteo, mugugnando, andò a vestirsi, si preparò la cartella ed, infine, andò a fare colazione.
Lucia guardò il figlio mentre mangiava. “Ha lo stesso viso del padre” pensò.
Già, il padre…
Lucia ricordava ancora il loro primo incontro. Non lo avrebbe dimenticato per il resto della sua vita.
Stava con delle sue amiche in una discoteca per festeggiare la laurea della sua migliore amica. Avevano deciso che quella sera sarebbe stata speciale per tutte loro. Avrebbero ballato, flirtato con i ragazzi più belli e fatto le cose più folli e strane, anche perché la sua amica sarebbe dovuta partire il giorno dopo per l’America. Sapevano bene che quello era l’unico giorno in cui potevano stare tutte insieme consapevoli che forse era l’ultima volta.
Ad un certo punto Lucia lasciò le amiche a ballare per andare al bar per prendere un qualcosa da bere e fu quello il momento, l’istante, l’attimo in cui i suoi occhi incrociarono quelli di un ragazzo.
Lucia si fermò, le girava la testa, ed andò da lui. “Ciao, mi chiamo Lucia” disse. “Piacere, Alessandro”. Non credeva alle proprie orecchie, stava parlando con uno sconosciuto. Lei, sempre così chiusa, timida, aveva attaccato discorso con un ragazzo. “Bella serata, vero?” disse Lucia.
“Si, ma qui c’è troppa confusione. Ti va di farti un giro fuori così… forse… potremo chiacchierare meglio” replicò lui. “Ok” disse. Ancora oggi, ripensandoci, era stato folle e assurdo il suo comportamento. Ma si ricordò bene che quella serata doveva essere all’insegna della pazzia. “La vita va vissuta in ogni suo momento come se fosse l’ultimo” diceva sempre Mara, la sua amica. Aveva ragione, e Lucia decise che quello era il momento per mettere in atto quella frase.
Uscì dalla discoteca con Alessandro e passeggiarono intorno alla discoteca chiacchierando e ridendo come se si conoscessero da sempre. E da quella serata le loro vite si unirono per non staccarsi mai più. O almeno così lei credeva.
Passarono anni da quella sera, sempre loro due. Sembrava che nulla potesse dividerli. Fino al giorno in cui Lucia scoprì di essere in dolce attesa. Era raggiante. “Una nuova vita sta crescendo dentro di me” pensava. Riprese la macchina per tornare a casa, la casa che loro due avevano acquistato per il loro futuro insieme. Dovevano sposarsi a maggio di quell’anno. “Cielo!! Ho accanto a me un uomo che amo alla follia, il matrimonio da preparare e adesso un bambino… Come posso essere più felice di così”. Si stava avvicinando a casa, ma sentiva dentro di sé un po’ di ansia, aveva la sensazione che stesse per succedere qualcosa. “Che vuoi che sia, è solo un po’ di paura per la nuova vita che sta arrivando” cercò di rassicurarsi. Ma quella opprimente sensazione non riusciva a farla passare. Nel frattempo aveva parcheggiato la macchina e stava entrando nel portone, quando udì un colpo. Uno sparo. Salì le scale a due a due, chiamando a grand voce “Alessandro”. Era terrorizzata, saliva le scale piangendo. “No, no, non può aver fatto questo”. Le sembrava di non arrivare mai alla porta di casa. Le sembrava infinitamente lontana. “Non può lasciarmi così, non adesso”, nella sua mente c’era un susseguirsi instancabile di idee che non avevano un senso logico. Non sapeva più cosa pensare.
Arrivò alla porta, si fermò, le lacrime non cadevano più copiose come prima, la sua mente era diventata improvvisamente vuota. Appoggiò una mano alla porta, c’era calma, una calma irreale che la faceva rabbrividire, aspettò prima di aprire. Voleva sentire il calore che il legno della porta diffondeva, stranamente la tranquillizzava. Poi mise la chiave nella serratura ed aprì…
Aveva sempre creduto che il loro destino era quello di rimanere per sempre insieme. Aveva sempre avuto, dal primo giorno del loro incontro, il fortissimo desiderio di invecchiare insieme a lui. Loro due, per sempre. “Povera illusa… il per sempre non esiste…”
Guardava Matteo mangiare. “Tuo padre è partito per lavoro, è andato molto lontano… è questo che gli ho raccontato. Ma quando sarà più grande e mi chiederà dov’è veramente il padre che gli dico?” pensava tra sé e sé “Si è ammazzato… Non aveva il coraggio di vivere…. Non trovava lavoro ed un bel giorno ha deciso di scappare di fronte alla vita, alle sue difficoltà” questo gli avrebbe detto. No, non poteva dirgli questo… “Ora non è il momento di pensarci, devo andare a lavoro. Un giorno, più avanti, troverò una soluzione”.
Era ora di andare. “Matteo, andiamo che altrimenti facciamo tardi!”.
Un nuovo lavoro, una nuova vita le si prospettava davanti.
“La vita va vissuta in ogni suo momento come se fosse l’ultimo” diceva sempre Mara. Aveva ragione, e quello era il momento giusto per ricominciare a viverla appieno…
31 ottobre 2007 alle 7:16 pm
Racconto amaro, ma con un finale di speranza; la vita a volte dà, a volte chiede, l’importante è non lasciarsi andare, proseguire il cammino. Ben scritto, si legge volentieri. Brava
10 novembre 2007 alle 9:20 am
Ciao Ilaria, era ora che ci facessi leggere qualcosa di nuovo!! Molto bello, emozionante, coinvolgente. Forse un po’ approssimata la personalità del padre, ma sto proprio cercando il pelo nel’uovo
10 novembre 2007 alle 9:32 pm
che parabola ascendente di emozioni…
bellssimo!
solo nn sono d’accordo sul vivere ogni giorno come fossel’ultimo.
vivi ogni giorno come il primo di una lunga serie che fa nascere la speranza e la forza per crearsi la propria esistenza.
grazie! con simpatia.
24 marzo 2010 alle 2:54 pm
Cara Ilaria un racconto triste ma sentito,la vita prosegue ,
la speranza è una vera amica, una nostra grande alleata .
con simpatia
ciaoGiuliana
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Ilaria » Blog Archive » Era una mattina dinverno
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