Racconti molto sciolti

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Segena, oppure le storie del futuro. Quarta

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DAL BOSCO ALLA TERRA E RITORNO

Tante parole erano state dette, ed intorno a Segena si formarono gruppetti dove sì scambiavano opinioni e qualche perplessità, come accade di solito quando si scioglie una riunione. Ma quel cerchio non si sarebbe mai spezzato, non potrà sciogliersi fino alla conclusione di tutto. Fino al mantenimento della promessa.

E fu la stessa Segena a rafforzare il legame appena intrapreso:

<< Non temete, non saremo gli unici ad agire, altri come me, incaricati della stessa missione, sono sparsi nell’universo per radunare entità come noi intenzionate a spargere il bene portare la luce nel mondo degli uomini. Saremo a decine, perché decine di anime come me incarnate per portare il messaggio, hanno momentaneamente lasciato il mondo visibile, per tornare a spezzare le catene delle tenebre.>>

Avanzò un elfo, tra i più giovani ma non per questo meno saggio.

<< Troveremo forse delle resistenze? Gli umani si lasceranno guidare da noi? Essi adesso sono soggiogati ad un potere oscuro, si sono lasciati convincere a coltivare il male, sono alla mercé d’entità malvagie. Potremo noi combattere tutto questo male? >>

<< Non avere di questi timori. Tu affermi, e sei nel giusto, che esistono entità in contatto con gli uomini, e questi esseri esistono nelle più basse dimensioni, ma per manifestarsi hanno degli atteggiamenti provocatori, ma perché sono stati provocati a loro volta.>> << Gli uomini di potere, vuoi dire, usano queste entità inferiori per fare male, per tenere in oppressione i popoli>>

<< In un mutuo scambio, cosi entrambi riescono a sopravvivere, ma ognuno rimane prigioniero dell’altro. Sono commessi due errori: pensare come gli umani al bene e al male, e poi lasciare che queste entità si assoggettino ad esseri perversi.Loro sarebbero il male e noi il bene. Loro aggrediscono, manifestano la chiara volontà di sottomettere, di incatenare le volontà inferiori; noi amiamo la luce, esprimiamo la volontà d’essere liberi e dare libertà. Ma chi decide per noi, affinché ognuno sia ciò che l ‘altro vuole? Questi sono parametri umani. Tutto ciò è visto con lo spirito umano. Ma tutto ciò non è cosi. È tutto energia, e l’energia non è né bene né male.>>

Qui Segena rientrò nei suoi panni di essere incarnato.

<< C’è un punto basso d’energia dove tutto ha inizio, dove tutto è talmente denso e vischioso che ti senti, e sei, bloccato. Prigioniero. Ma non è sempre cosi, tutto avviene a passaggi successivi, formando una spirale che noi umani chiamiamo tempo e spazio.La spirale ha un punto infimo, dove alloggiano gli spiriti più incoscienti. Coloro che, essendo meno consapevoli, hanno diritto ad attraversare la catena delle incarnazioni, per capire, ed elevarsi al passaggio successivo. Non può esistere un passaggio diretto, e tutte le informazioni che ci giungono in ogni modo, sono filtrate dal fatto d’essere umani. E qui il secondo punto: esiste chi è pronto a cominciare, ricominciare la spirale dal punto più basso. E chi invece ha paura, lancia messaggi che ingannano se stessi e noi umani, si attacca a ciò che d’umano è male, inconsapevole, credendo se stesso malvagio e non spirito immaturo. Hanno bisogno di aspettare, le anime. La gerarchia è un aspetto umano, la consapevolezza è dello spirito e va per gradi anche quando raggiunge l’eccellenza.>>

<< Permettimi, >> disse la Regina delle Fate << quando le anime s’incarnano ricadono nella dualità, non riescono a distinguere l’unicità delle cose, e devono sempre contrapporre un bianco ad un nero. Lo abbiamo vissuto anche noi. Ma hai affermato che chi ha raggiunto i cieli superiori, può ritornare nel punto più basso. Forse per un atto di volontà? >>

Stavolta Segena parlò come l’anima eccelsa che era:

<< Ci fu un Angelo ribelle, convinto che chi ha raggiunto la massima luce, può e deve tornare negli anelli inferiori, per fare luce a chi ancora non ne ha. Per dare consapevolezza. Per cui egli tornò giù nel punto infimo del chiarore, per portare su con se chi ancora doveva cominciare la spirale, ma lasciò tutto cosi come deve essere.Impotente, capì che la massa di anime informi non poteva essere elevata al cielo più alto trascurando gli insegnamenti dei maestri. Trascurando la consapevolezza. Fu condannato per sempre a rimanere nel fondo dell’imbuto, perenne esempio di avventatezza. Aveva fatto il passo che gli mancava per l’eternità, ma rimase invischiato nel punto più basso della energia, consapevole del fatto che ognuno deve percorrere la strada che si è prefissa, andando e tornando nella spirale.Non bisogna mai lasciare nulla in sospeso.>>

<< E’ giusto cosi.>> rispose la regina. << Ora nulla è più oscuro. Siamo pronti a tornare sulla Terra.>>

 

 

Uscii da quel posto di anime perse, per sciogliermi nel traffico delle ultime ore; tornai a casa a piedi, come un automa, al secondo portone del terzo palazzone grigio di questo ammasso periferico che soltanto l’abitudine riusciva a distinguere.

Sul portone nessun numero civico: per la sicurezza sono state create chiavi elettroniche che passate sulla serratura, erano riconosciute da un microchip, ogni chip distingueva un portone diverso; sempre per la sicurezza sui campanelli non più nomi o cognomi, ma codici a barre.

Anche l’essere umano era diventato un codice a barre: avrei potuto suonare, tirare fuori la mia tessera d’identità col codice madre, ma chissà dove l’ avevo infilato dopo l’ultimo controllo. Suono.

Suonava solo chi possedeva il contro codice; parenti, amici pochi. Per la pubblicità, per la posta, i contatti di tutti i giorni che danno più senso d’essere umano, c’ era la casella condominiale in comune. Quel che era tuo lo tiravi fuori del mucchio, insieme con gli altri, alla faccia della privacy. Ma era per la sicurezza. Anche per la porta di casa, riconoscimento digitale e via, il trionfo della tecnologia e della solitudine dell’uomo. Ci hanno assicurato che non si possono clonare.

Non mi fido, ma sono stanco anche di questa mia diffidenza, quindi non ci penso più.

Dentro, la solita atmosfera poco distensiva, la solita da quando nostra figlia e sparita.

<< Ciao.>> disse appena mia moglie.<< Ti ho preparato qualcosa.>>

Tentai un approccio più coinvolgente.

<< Non ti preoccupare, mi arrangio, va bene quello che c’è, piuttosto tu hai mangiato?>>

<< Qualcosa, non ho tanta fame. Anzi adesso vado a letto.>>

Si alzò per sfiorarmi con un bacio e passò nell’altra camera. Dopo un po’ sentii il solito pianto silenzioso, poi più nulla. Neanche mi ha chiesto dove sono stato, qualche chiacchiera formale, no, niente.

D’accordo, capisco il dolore, ce l’ho anche io, ma almeno iniziare a reagire, buttarsi su qualche speranza creando un’iniziativa, lo stimolo per la ricerca.

Mangiai poco, bevendo più del consentito, come il solito, e andai subito a letto, sperando di far passare il tempo prima. Credo siano passate ore a girare come una trottola impazzita, finalmente mi alzai per fumare l’ennesima sigaretta, fuori sul balcone.

Ma era cambiato, non c’era più il paesaggio triste dei monoblocchi tristi, ma una confortevole radura, leggermente declinante, con molte macchie di cespugli, una luce avvolgente.

Il mio balcone era diventato la sponda di un fiume, impetuoso, scuro, quasi minaccioso.

Arretrai di un passo, su un terreno più sicuro, e mi voltai tutto intorno, per vedere un bel paesaggio, un orizzonte celeste, una natura amichevole. E mi girai anche sul mio fianco: un paio di piedi enormi, piedi nudi, ben curati, ma grandi. Portai lo sguardo in alto per capire dove finiva il resto del corpo, ma si vedevano solo le gambe, poi le nuvole, a nascondere tutto.

<< Non temere. >> disse una voce calma, regale

<< Non farmi le solite domande, chi sono, quanto sono alto, se ti farò del male. Tu lo sai, sai già tutto di me. Sai che non ti farò mai male, il male non è per noi, nasce con l’uomo, e muore con esso. L’uomo deve farne esperienza, per conoscere meglio il bene. Nel momento in cui s’incarna ogni persona sperimenta la dualità, ogni conoscenza, ogni scoperta che fa il bambino, l’uomo, vuole sapere del suo contrario, deve trovare in ogni modo un opposto, e se non lo trova , lo abbandona. ma anche se lo trova, perché c’è, lo abbandona, e nel primo caso è frustrato, nel secondo gongola. Ciò che è bene e ciò che è male, una catalogazione troppo umana perché possa interessare, cessa nel momento della morte dell’uomo. >>

Mi venne da rispondergli, come si fa con un vecchio amico con cui hai passato intere sere a discettare di svariati argomenti, compresi i soliti sport donne e motori.

<< Ma finché la persona è viva se capisce il male come mezzo di realizzazione personale,adotta il male, lo usa come strumento per sfruttare chi vive nel bene, per mantenere il potere ed aumentare il controllo. Più fai male, più ne ricavi piacere, fregandotene degli altri. D’altra parte, chi subisce il male aumenta lo sconforto, la tristezza, la privazione.Ecco, è la privazione la chiave: se tu mi privi del mio bene più prezioso, io resto nello sconforto, aumenta il mio smarrimento.>>

<<No.>> aggiunse. << la chiave è l’attaccamento. Lascia pure che ti tolgano case, vestiti,auto. Tu hai te stesso.Se ti aggrappi ad un bene terreno e te lo strappano via, subisci un lutto, poi ti aggrappi alla privazione, e ti contorci nella disperazione. Ogni cosa va da sé, ognuno è ciò che è dentro e segue la strada che si è disegnato da se. Staccati da tutto.>>

Feci la domanda tra le più banali, tralasciando quella fondamentale.

<< E la libertà di agire, di pensare, di muoversi. Il senso di soffocamento sotto tutti i controlli, le oppressioni, come farselo passare?>>

<< Tu sei libero. Parti da questo semplice concetto: io sono libero perché ho me stesso. Te stesso non possono ingabbiarlo. Mai. E altri come te, ognuno ha se stesso libero, insieme formate un gruppo d’uomini liberi, e potete andare in giro da esseri liberi.>>

Queste parole mi tuonarono tanto nella testa che fui costretto ad abbassarla, a guardare in basso.

Il fiume era tranquillo, ora, di una calma azzurra trasparente, e specchiava la mia immagine un po’ tremolante. Aggiunse:

<< Un leone quando è accerchiato da altre bestie, sa che può soccombere, si prepara a combattere, ma è fiero perché sa d’essere forte, anche contro cento, morirà ma si opporrà con onore, nell’attesa dei suoi compagni che si uniranno a lui, anche se in numero inferiore, ognuno porterà se stesso.>>

La mia immagine non tremava più, ora era ferma.

<< Prova.>>

e con la mano, grande come il resto, m’indicò il fiume.

<< No, non il fiume, ma la tua immagine. Te stesso. Tuffati ora dove ci sei tu.>>

Allora capii, e mi tuffai con gioia sapendo con certezza che l’essere gigante mi avrebbe seguito, per forza, non poteva staccarsi da me. Entrai in me stesso con una forza e una pienezza mai vissuta prima, mai con la meditazione o altre tecniche ho raggiunto un cosi alto grado di consapevolezza, e stavolta entrai in casa mia, quella vera dove sono sempre vissuto. E tante cose mi apparvero chiare, ogni cosa era al suo posto, mancava solo il bene più prezioso, la privazione da cui non riesci a staccarti neanche con amore. Riemersi più leggero, ma con una voce in fondo la cuore che tentava di parlarmi, ed io rimanevo sordo.

Ora di fronte a me un burrone, profondo, lungo da saltare.

<< C’è ancora qualcos’altro?>> chiesi

<< Non chiedermelo, chiedilo a te stesso, guardati dentro, ascolta la tua voce interiore, falla parlare.>>

Chiusi gli occhi, com’ero abituato per meditare, e piano piano la voce venne su, si fece spazio nel silenzio della mia indifferenza, e mi parlò di mia figlia.

Aprii gli occhi sul nero del burrone, profondo e invitante come il male, ma mi ritirai subito, colto dalle mie solite vertigini.

<< Ascolto la mia voce interiore, il mio io profondo, e so che mia figlia è viva. Ma devo coltivare la speranza di rivederla? >>

<< Sei in ogni caso un uomo, ma io ti ripeto, per il rispetto che hai nei miei confronti, lascia andare. Non parlare di speranza né di perdita, lascia che le cose vadano da se. Abbi fiducia in te stesso, sai ora che è viva, segui la tua strada, lei seguirà la sua, ma se dai retta a te stesso risponderai alle tue stesse domande.>> E con la mano raggiunse la sponda opposta del burrone per chiuderlo, la avvicinò a questa sponda cosi il burrone non c’ era più, ed io potei proseguire il mio cammino.

Mi svegliai bene quella mattina, non come le precedenti, affannato, intontito, come chi deve ancora addormentarsi, o meglio, riposare. Lucido, ma soprattutto convinto: la prima volta che ricordavo un sogno, ed era importante, stavolta.

Nel soggiorno la scena solita da qualche mese.

<< Hai richiamato la polizia?>>

<< Si, non l’ hanno ancora trovata.>>

<< E non la troveranno! >> mi guardò in mille modi, e nessuno era benevolo.

<< No, basta. Stavolta prova a credermi, anzi no prova ad ascoltarmi. Ascoltami, poi fa

quello che vuoi. Nostra figlia è viva, sì lo so, tu hai le tue voci interiori, io no, o almeno non le ascolto. Finora. Ho fatto un sogno…>>

<< Te lo ricordi?!>>

<< Non fare l’ironica. Smettila. Smetti di cercare, nostra figlia è viva, e non dobbiamo cercarla. Sta percorrendo la sua strada, la sua esperienza. La rivedremo, e adesso sta bene.<< E chi te lo ha detto? Dio in persona?>> Ed uscì, senza aspettare risposta.

Rimasi meravigliato in un pensiero. E se fosse?

Uscii anche io, in cerca di contatti veri.

 

Intanto Segena alzando gli occhi al cielo disse dentro di se:

<< Adesso possiamo viaggiare insieme, papà.>>

 

Nel bar c’ era fermento, tutti i tavoli riuniti insieme, e tutte le anime perse intorno.

Parlavano le mie carte:

<< Ripeto cosa abbiamo da perdere? Non possono sbattere tutti in galera. E se fosse?

Dobbiamo scuotere le coscienze, entrare nelle case, nella gente, fargli capire che questo è il peggiore dei mondi in cui viviamo. Resistenza attiva, d’ora in poi, ma nessuna violenza. Basta con la violenza, quella è materia loro.>>

Tutti gettarono in terra le stesse carte: << Ma come? >>

<<Ci hanno instillato il germe della paura, non reagiamo più. Volete un esempio?>>

Da qualche parte della sala volò una bottiglia che s’infranse nel televisore facendo sussultare tutti, e due emozioni si susseguirono un attimo dietro l’altro.

Spavento. Per le conseguenze. Poi un senso di libertà, finalmente il silenzio.

Guardammo Gino, il padrone del bar, che senza smettere di pulire una caraffa, sempre la stessa, disse:

<< Tanto era vecchio, e non ho intenzione di cambiarlo.>> Avere un televisore era legge, nel nostro stato, e so anche negli altri. Almeno uno per ogni famiglia, negozio, ufficio, o luogo pubblico; e se si guastava eri obbligato a rimpiazzarlo con denunce e minuziosa descrizione su com’era accaduto.

<< Ma questa è violenza. >> disse il più anziano di noi, stavolta a voce.

<< No.>>risposi io anche a voce. << questa è libertà, come questa.>>

Mi allontanai dal tavolo, presi una bottiglia d’acqua e la rovesciai sul pannello elettrico mandando tutto in corto circuito. La lucina rossa sulle telecamere sussultò e si spense.

Rimanemmo tutti la buio, ma l’eccitazione nelle nostre pance cresceva come un peso tolto e gettato via il più lontano.

<< Possiamo costruirlo nelle nostre case, boicottare i loro prodotti, parlare alla gente che si può fare, distribuire parole nuove, finalmente sollevare la testa, ma non per vedere gli schermi nella strada, romperemo anche quelli, se servirà.>>

Si fece avanti il vecchio Vanni, informatico, licenziato perché un giorno gli scappò detto che era stato di sinistra, poi gli fecero la carità della pensione sociale.

<< Io posso entrare nei loro sistemi, posso spegnere le fastidiose scritte elettroniche che ci bombardano di pubblicità anche di notte. Posso spegnere le tv per qualche minuto. Sarà difficile farmi scoprire. Conosco sistemi più avanzati dei loro.>>

<< E se invece da quegli apparecchi riuscissimo a mandare dei messaggi, senza mostrarci, dei filmati di cieli azzurri come non ne vediamo da anni, e sotto i nostri messaggi.>> Parlò il maestro delle elementari, ma anche il maestro di tutti noi, che anni fa si dimise, prima del tempo, da una scuola che non gli apparteneva.

Poi parlò un tecnico dei telefoni, della vecchia compagnia telefonica nazionale, ormai sfasciata.

Più che un tecnico, un mago con i telefoni.

<< Io posso mettermi in contatto con gente aldilà dei confini, non troveranno mai la fonte,fidatevi, e poi un po’ di galera non mi spaventa. Non possono farci sparire tutti, potranno fermare me, ma so che altri potranno occupare il posto mio.>>

<< Si, cominciamo pure.>> disse Gino. << ma da ora. Stanno arrivando per il tv rotto e per le telecamere.>>

Cominciamo pure. Due auto delle forze dell’ordine si fermarono con stridore davanti al locale, ne uscirono otto di loro per interrogarci, per sapere com’era successo.

Non avemmo il tempo di metterci d’accordo, ma il risultato fu un successo lo stesso.

<< Non so chi è stato, ero in bagno, sa la prostata>>

<< Il mio amico si è sentito male ed ho dovuto soccorrerlo.>>

<< Io sono quasi cieco, e non ho i soldi per gli occhiali.>>

Si arresero quasi subito. << Vecchi bacucchi.>>fu il commento di uno mentre usciva.

Poi il più alto in grado si rivolse a Gino:

<< Deve ripristinare la corrente, deve comprare un nuovo apparecchio, deve fare la denuncia, deve…>>

E Gino imperturbabile:

<< Dovere. sempre dovere. Non ho soldi, non ho tempo, non ho voglia né santi in paradiso.>>

<< Bene, manderemo qualcuno.>>

Ed usci. Un sorriso unico ci avvolse tutti. Il fiume stava erodendo la diga. Subito, però, il mio sorriso si spense, divenne una smorfia, un dubbio, un pentimento. Questa è davvero violenza, se il fiume straripa loro hanno molti mezzi, e tutti potenti per prosciugarlo.

Quello che seguì non era nelle mie intenzioni: io stesso al culmine della disperazione mi ero lasciato andare ad un atto violento, e quando forzi il tappo della repressione la bottiglia può anche spaccarsi. Non ebbi il tempo di fermarli, mi restava solo uscire.

 

Segena raccolse gli ultimi suggerimenti e uscì dal contatto mentale con i suoi fratelli.

<< Bene, il momento è giunto. Andremo tra la gente per scuotere le loro coscienze, saremo la voce interna che come la goccia, scaverà nella loro anima. Dobbiamo sovvertire il loro modo di vedere il mondo.Non più schiavi col capo chino, a subire ed obbedire agli ordini, mentre la loro Madre è in agonia. Andremo per togliere quella mano che li opprime. Entreremo nei loro sogni per fargli vedere, capire che la Terra ha bisogno di tutti gli uomini per risollevarsi, per nutrire ed essere nutrita. E che loro hanno bisogno della Terra.>>

Avanzò, timida, una fatina dall’aspetto gentile ma deciso:

<< So che sulla Terra è molto in uso la tecnologia, usata per scopi malefici. Possiamo ribaltare questo cattivo sfruttamento di un mezzo benevolo? >>

<< Dobbiamo usare tutti i mezzi a nostra disposizione. Far apparire sulle tv immagini tranquillizzanti, noi stessi per lanciare messaggi di pace. E vincere lo scetticismo.>>

Parlò la Regina:

<< Ancora adesso gli uomini ci vedono come personaggi delle fiabe, o peggio, dei loro incubi. Bene, noi gli parleremo come in una favola facendogli vedere il mondo che stanno perdendo, i colori che non ricordano più; oppure come un incubo gli faremo vedere la loro terra com’è ridotta, e come si ridurrà senza un opera di salvezza.>>

Segena disse:

<< Entrerò nella coscienza dei potenti, per portare fuori la luce che hanno deciso di spegnere. Anche in loro entrerò nei sogni, entrerò nei loro occhi, perché se non credono ai sogni, almeno guardino il mondo ridotto com’è, e che loro sono nel mondo. Insinuerò in loro il dubbio delle loro parole, delle loro azioni. Se vuoi rimanere in alto non essere padrone, ma comincia con un atto di volontà a rompere le catene che legano te. Come un domino le altre catene si spezzeranno.>>

Per un attimo venne il silenzio. La tensione era palpabile.

<< Poi andrò dagli esseri malvagi, dalle entità che vivono nel fondo vischioso dell’energia e gli indicherò la luce. Fate il vostro viaggio verso quella luce, fate i vostri passi da soli. Soffrite le incarnazioni e le morti che vi porteranno a miglior coscienza. Ma fate tutto fuori di qui. Siate esseri umani, ma non nutritevi del male umano, perché voi male non siete.>>

 

 

Il giorno dopo la confusione era totale. La notizia di un televisore rotto ed il boicottaggio di una centralina innescarono una reazione domino tale che a cascata tutte le riserve e le oppressioni caddero creando una nuvola di polvere che copriva ogni paesaggio ovunque ognuno di noi si girasse intorno. Ritrovandoci in quella bettola, nessuno aveva niente da dire: tutti avevamo visto ed udito la frana rovinare anche su territori piatti. I fumi degli incendi si sovrastavano alla cappa di dominazione ormai stringente come un laccio fuori misura di un animale in trappola faceva girandole impazzite per ritorcersi fino a strozzarsi.

I cocci dei vetri infranti riempivano le strade fino a lastricale di nuovo asfalto. Tutti gli apparecchi di controllo, soprattutto i televisori, sprizzavano scintille come fuochi d’artificio sul finale della nostra libertà.

<< Non era questo che cercavo. Ora l’esasperazione della repressione sarà al massimo, ed ogni barlume sarà spento. Non è questo che cercano i nostri bambini. C’è rimasto poco. Speriamo arrivino presto.>>

Nel resto di questo straccio di mondo pochi passi più in là non era meglio.

 

 

<< Perché, ancora?>>

Era seduta sulla radice più grande, cresciuta, apposta, a forma di trono. Apposta solo per lei, per farla sedere, per farla stare in contemplazione, abbracciata al suo albero. L’albero nato e cresciuto con lei, nato per lei per ascoltarla, per consolarla, per consigliarla, in tutti i momenti.

E quello era il momento.

Col braccio sinistro appoggiato all’albero, poggiava la fronte al tronco, respirando di continuo; era arrabbiata, Segena, nonostante tutto, era ancora arrabbiata.

Le ultime fronde dell’albero si protesero verso di lei per toccarla, per abbracciarla.

Lei, nel trionfo di foglie di quercia, ed un po’ solleticata dai rametti, sorrise, senza smettere di essere torva. Ma allentò i pugni, e tirò un po’ su con il naso.

<< Cosa accade, figlia mia.>> Chiese la quercia, l’ultimo testimone di anima naturale sopravvissuto sulla terra dopo lo scempio dell’uomo. Fino ad ora.

<< Cosa succede, ora? Mi sembra che sia tutto finito, no? È finito il tempo dell’oscurità, grazie a te, grazie a tutte le anime eccelse che ti hanno seguito, ora è il tempo della rinascita, in salita, ma nella strada giusta. Certo, il tuo lavoro è appena cominciato, lo so, ma non dartene pena. Tra poco sarò circondata da tanti fratelli alberi, e da ogni tipo di animale che gusterà i miei frutti ad ogni ora, giorno e notte.>>

Segena sciolse i muscoli, inspirò a fondo e raccolse la tensione nei suoi pugni. Poi aprì le mani, e con i gomiti sulle cosce, accompagnò il suo raccontare con gesti anche molto ampi. Sorrise un attimo, la tensione sparì ma rimase nel fondo della sua voce un tono di dispiacere, come qualcosa di irrealizzato. << E’ vero, abbiamo invertito la china, tutte le anime si sono mosse per indirizzare l’essere uomo sulla giusta strada, ci stiamo riuscendo, e il lavoro è appena cominciato. La Terra Madre sta rifiorendo, e sembra che tutto tornerà al suo posto. Nessun fratello sfrutterà il suo simile, né sfrutterà la terra che calpesta e che gli dà da vivere. Ho ancora un lungo lavoro di sorveglianza, sarò in giro a rispondere, consigliare, verificare. Ma la strada è aperta.>>

<< Cosa ti turba, allora?>>

<< Le piccolezze degli uomini, le minuzie, i particolari infimi in cui l’uomo perde se stesso contrastando il grande disegno della rinascita.>> e chinò il capo, di botto.

<< Di chi parli, cara mia, chi ti tiene in ansia?>>

<<Succede quel che non doveva accadere. Ora penso sia facile puntare l’indice contro mio padre. Vedi, quando l’acqua ristagna imputridisce, e quando esplode getta fango tutto intorno. Non doveva essere così. Sulla Terra la repressione è scoppiata, gli atti di ribellione provocano solo inasprimento e fumo e grigio ovunque. Ora credo sarà tutto più difficile. I governi hanno il controllo totale con armi infami e totali. A cosa è servito spaccare un televisore e bruciare dei fili? A cosa è servito tornare sulla Terra e combattere ad armi impari. Ascoltami: sto usando parole improprie, combattere ed armi non fanno parte del popolo delle fate, non fanno parte del futuro. Cosa facciamo ora? Noi abbiamo solo il bene, le nostre mani, la nostra volontà, i sorrisi e la richiesta di pace. A chi la chiediamo la pace, ad armi micidiali sempre in azione? Solo per una alzata di testa? Sarebbe bastato un giorno in più della stessa monotonia.>>

Dal fondo della sua antica saggezza, l’albero espirò lungamente, poi chiese:

<< Perdonami saggia fanciulla perché accusare tuo padre? Il suo gesto viene da molto lontano, fa parte della storia dell’uomo esplodere dopo aver vissuto nella monotonia. Poteva certo rimanere un gesto isolato ma se mille e mille uomini col capo chino si accorgono che uno di essi ha alzato la testa possono scegliere tutti di alzarla tutti insieme, o rimanere sempre chini. Il modo non importa: è dell’uomo la violenza per la violenza. Ma è nell’uomo anche l’innesco per l’Amore. Basta saperlo accendere. E tu sai come.>>

Segena inspirò tutto l’ossigeno della storia per depurarlo per gettare fuori un fumo talmente grigio e denso che per troppi minuti quel posto svanì in una specie di incubo per poi ritrovarsi più brillante e colorato che mai.

<< Quindi adesso solo ritornare ai simboli ci può salvare. Attivarli e penetrarli nella coscienza dell’Uomo per invertire la tendenza, per tornare alla pace. Per ritrovare l’Amore. Potrebbe essere l’ultima occasione, come spendere gli ultimi soldi per una lotteria che risulterà perdente.>>

<< O spenderli per sfamare un bambino affamato, per dargli un barlume di vita e la spinta per continuare.>> L’albero sorrise scuotendo le fronde. Anche lei sorrise, scuotendo i brevi capelli biondi in segno di affermazione:<< Ora torno sulla Terra per ritrovare i simboli ed attivare la Rinascita. Spero sia il mio ultimo compito in questo mondo.>>

<< Sai che te ne resta un altro. Il più pregnante.>>

Di slancio lo abbracciò senza pensieri ne ritorsioni poi serena, fiduciosi, si sciolse e con le mani giunte salutò il suo vecchio maestro.

Poi verso il sole e sempre a mani unite salutò suo padre.

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