Quattro mani per un racconto

Una raccolta www.storydrawer.org

In un mare di guai (2)

Pubblicato da quattromani il 24 settembre 2007

Scarica come ePub

1 Star2 Stars3 Stars4 Stars5 Stars (No Ratings Yet)
Loading ... Loading …

Mat iniziò a contemplare la sua possibile morte. Quanto si può resistere in mare senza bere e mangiare?
“Pensa , Mat, pensa a qualcosa di intelligente, con tutti i libri che hai letto ti sarà rimasto pure in mente qualcosa di utile! Cosa fece Sandokan quando fu abbandonato in mezzo al Mar dei Carabi e non aveva neppure il kit per la sopravvivenza?”
No, i pensieri non volevano saperne di stare in fila, di cercare una soluzione; forse troppo riscaldati dal sole stavano evaporando insieme alla sua voglia di vivere e di combattere. Ma Jennifer che sorte aveva avuto? Il dolore che rifletteva quella domanda si trasformava in un nocciolo duro alla bocca dello stomaco.
“Pensare: bisogna che pensi, altrimenti il cervello si spegnerà ed io mi rassegnerò a diventare un nulla di cui mai nessuno saprà che destino ha avuto. Non mi devo arrendere…”
Matt rivolse i suoi pensieri alla moglie, ripercorrendo le tappe della loro vita insieme, iniziando dal momento in cui l’aveva conosciuta. Se doveva morire, che almeno ciò avvenisse in compagnia del suo ricordo, la mente si sarebbe confusa a poco a poco, il corpo si sarebbe disidratato e lui sarebbe scivolato dall’amore nella morte.
Jenny l’aveva addocchiata ad una festa; vestita di bianco risaltava come una dea in mezzo a tutte le splendide ragazze mezze nude che giravano con un bicchiere in mano, con l’atteggiamento predatorio di chi vuole acchiappare un barbagianni pieno di soldi.
Lei stava vicino ad una finestra con lo sguardo perso nel vuoto, più che annoiata sembrava a disagio.
“Ecco una persona che non fa parte di questa accozzaglia di divette e arrivisti” si era detto ed aveva preso a studiare il suo comportamento.
Il vestito accollato era accompagnato da gioielli discreti , l’atteggiamento era signorile e distaccato. Quando conversava con qualcuno, lo faceva a voce bassa , gesticolando appena con una mano.
Lui si era avvicinato e con scarsa originalità le aveva offerto una coppa di champagne.
Lei fu quasi sorpresa e rifiutò dicendo che non bevevo nulla di alcolico perché strettamente astemia.
Era cominciato tutto così, nel modo più banale possibile, ma in poche ore lui le aveva raccontato tutta la sua vita, come ad un confessore. Lei, sempre discreta, di sé aveva detto poco.
Dopo tre mesi si erano sposati e l’ultimo ricordo era il brindisi che avevano fatto a lume di candela.
Sì, era l’unico ricordo preciso, quello insieme allo strano sapore del vino ed allo sguardo di trionfo che lei si era lasciata sfuggire.
Sguardo di trionfo. Già, ma perché? E poi lei non era strettamente astemia?
Come mai aveva accettato il brindisi? Ma lei aveva bevuto o no?
Matt si sforzava di ricordare altro, ma era come se si fosse improvvisamente addormentato ed avesse iniziato a sognare voci.
Voci lontane che sussurravano…il mare prende tutto…vedrai che tutto andrà bene…sarò una vedova inconsolabile…lui era ubriaco…
Sete, sete, sete. Questo era ora il solo eco della sua mente.
…povero stupido…se fosse stato meno ricco…ti amo Roger….
Roger? Il capitano Roger?
Ora ricordava vagamente che il sogno sembrava reale e lui si era trascinato sino al canotto e tra un conato di vomito ed un altro era riuscito a calarlo in mare dopo essersi infilato dentro.
Sete, sete, sete, il cervello iniziava a contrarsi per la disidratazione, ne sentiva quasi i lamenti.
Non era stata una buona idea quella di infilarsi nel canotto, ma nello stato confusionale in cui si trovava non gli era venuto in mente nulla di meglio.
Il fatto era che lui aveva paura del mare , la crociera l’aveva organizzata per compiacere Jennifer ed ora capiva il perché della sua insistenza ; il canotto di salvataggio era stato il suo pensiero fisso e lo aveva controllato di frequente, ovvio che fosse rimasto nel suo subcosciente.
Ma come mai non l’avevano raggiunto? E che importanza aveva ora saperlo?
Però oltre che mezzo morto, era incazzato intero.

Sete, sete, sete, i pensieri iniziavano a scricchiolare come le sue labbra ormai spaccate dalla salsedine.
Si era davvero fatto incastrare come gli ultimi degli imbecilli.
Molto incazzato.
Sandokan.
Sandokan non si sarebbe arreso.
A fatica si alzò, riprese la lenza e sistemò sull’amo come esca un pezzetto della camicia bianca.
Si legò il filo all’alluce e si ridistese sul fondo dell’imbarcazione. Inutile stare a guardare se il pesce avrebbe abboccato, si sarebbe limitato a sentire con il piede tirare la lenza, mentre la rabbia lentamente stava ricaricandogli le batterie.
Dopo un’ora o due un pesce suicida abboccò e lui molto schifato ma al limite delle forze, si costrinse a mangiarlo dopo averlo spellato. Chissà cos’era, magari era velenoso, ma il fatto non avrebbe creato certo ulteriori problemi.
Il pesce conteneva acqua e questo era l’importante.
Fu fortunato, nei successivi due giorni prese altri tre pesci, piccoli, ma gli bastò per sopravvivere.
Si fece mentalmente la cartina della costa lungo la quale stavano navigando e sapeva che la corrente lo avrebbe portato dapprima al largo poi a sud e se era fortunato sarebbe arrivato in vista delle isole Paradigma e se fosse stato ancora fortunato qualche pescatore lo avrebbe avvistato.
Doveva resistere almeno ancora tre giorni.
Cercava di ripercorrere l’anno trascorso con la mogliettina e ricercava tutte le incongruenze e gli atteggiamenti strani che aveva rilevato in lei, ma che l’amore gli aveva fatto perdonare.
Perché non aveva capito prima? Perché era stato così ingenuo? Non sapeva che essere miliardario era una cosa pericolosissima?
Perché non era andato in montagna?
Magari una montagna come quella che aveva davanti, un poco strana , così tutta bianca e a punta.
Sembrava quasi una vela.
Un urlo gli ghiacciò quel poco di coscienza che gli rimaneva:”L’abbiamo trovato!”
Si senti sballottare mentre davanti ai suoi occhi passavano inquadrature di canotto, di albero maestro, di oblò, di Jennifer, mentre due marinai si impadronivano del suo corpo.
Fu portato nella sua cabina ed adagiato sul letto; con fatica riusciva a comprendere di essere stato salvato ma anziché sentirsi al sicuro, si domandava quale metodo avrebbero scelto per eliminarlo in modo definitivo. Era talmente stravolto e consumato dal mare che non aveva nemmeno paura.
Esiste dunque un punto massimo di terrore della morte, oltre il quale tutto si trasforma in rassegnazione e passività?
Sinceramente non gli importava più nulla.
Spuntando tra le palpebre gonfie e tumefatte dal sole, lo sguardo riuscì a visualizzare il televisore, posto sulla parete proprio davanti al letto. Sembrava che lo guardasse come un enorme occhio pieno di rimprovero.
Assurdamente pensò a cosa avesse visto l’ultima volta in tv e a poco a poco gli tornò in mente che si trattava di un film, dove la moglie ammazzava il marito per fuggire con l’amante, un certo Roger; chissà come era andato a finire, lui si era messo a tirare coca , poi aveva iniziato a sentirsi male e si era risvegliato sul canotto.
Mentre scivolava nel torpore di un corpo quasi morto, riuscì a pensare che se mai fosse stato ancora vivo l’anno prossimo, l’anniversario l’avrebbe festeggiato al massimo in metropolitana.
Ricordava benissimo però che anche il suo Capitano si chiamava Roger!

Un commento a “In un mare di guai (2)”

  1. Andrea dice:

    Uffa, io speravo di vincere :)
    Vabbe’ sara’ per la porssima volta. Complimenti a Nihil!

Lascia un commento

XHTML: Puoi usare questi tags: <a href="" title=""> <abbr title=""> <acronym title=""> <b> <blockquote cite=""> <cite> <code> <del datetime=""> <em> <i> <q cite=""> <strike> <strong>