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L’inizio di una storia

 

Ho il libro aperto sulla stessa pagina da almeno mezz’ora, non riesco proprio ad andare avanti ho in testa soltanto te e continuare a leggere non ha senso. Chiudo il libro velocemente, prendo il cellulare e apro la rubrica sul tuo numero. Ci siamo incontrati per la prima volta soltanto ieri ed ora eccomi qui in cerca della giusta dose di coraggio per schiacciare quel tasto verde e chiamarti. Finalmente lo premo, per ogni squillo il mio cuore sembra fare almeno cento battiti. Mentre attendo che tu risponda la mia testa è invasa di dubbi e mi i chiedo se non è troppo presto per chiamarti, o magari sei impegnata e preferisci non rispondere… o più semplicemente hai visto il mio numero e…

Ogni incertezza viene spazzata via nel momento in cui rispondi, parliamo per qualche minuto poi mi faccio coraggio e ti chiedo di uscire.

 

Sono quasi le sei del pomeriggio ma i raggi irradiati dal sole riscaldano comunque i nostri visi.

“Maledizione, ho di nuovo lasciato gli occhiali chissà dove…” Penso,mentre cammino al tuo fianco stringendo gli occhi come nel tentativo di leggere un libro in una stanza buia.

Adesso stai sorridendo, adoro vederti sorridere. Cerco di scorgere i tuoi occhi ma sono ben nascosti dalle lenti scure dei tuoi occhiali.

Passeggiamo lungo il marciapiede, a margine del muretto che separa la grigia sabbia della spiaggia dall’asfalto ancora rovente della strada. Non siamo ancora pronti per la stagione estiva, il nostro abbigliamento sportivo ne è la prova.  Iniziamo ad avere caldo.

In spiaggia un uomo fa volare con qualche difficoltà un aquilone, la giornata è decisamente poco ventosa, ma sino a noi giunge comunque la voce divertita del bambino al suo fianco.

Forse è l’ora di rinfrescarci un po’ e così ti propongo di prendere un gelato, tu accogli la mia proposta immediatamente come se quel mio pensiero fosse stato gemello del tuo. Così dopo aver incrociato un ragazzo in bici e una vecchietta con il suo barboncino con la lingua di fuori, attraversiamo la strada.

Entriamo nel negozio. Un condizionatore rende l’ambiente più fresco rispetto all’esterno, il bancone del gelato è tanto grande da raccogliere almeno una ventina di vaschette. Nel negozio i rumori delle ventole dei frigo si diffondono insieme alla voce di Vasco emessa da due piccole casse. La signora dietro al bancone indossa un grembiule azzurro e un cappellino bianco, il suo viso esprime gentilezza.

Ci chiede cosa preferiamo e noi, disorientati dai numerosi gusti, ci perdiamo tra i nostri pensieri per qualche attimo, lei attende con una cono in mano pronta a servirci.

Ti lascio ordinare per prima, sapevo già cosa avresti scelto, al cioccolato non sai resistere. Io opto per i frutti nel tentativo di ridurre al minimo i grassi ingeriti, ma so che è un gesto disperato come quello di buttar fuori l’acqua da una nave con un bicchiere mentre gigantesche onde continuano a buttarne dentro.

Lasciamo il negozio con i nostri due coni e riprendiamo a passeggiare lungo il marciapiede.

Camminiamo e tu sorridi ancora, un po’ di gelato rimane in bilico tra le tue labbra e il resto della sostanza cremosa poggiata sul cono. Resto per qualche secondo a fissarti come un ebete mentre riesci a recuperare la situazione, fortunatamente non ti accorgi della mia espressione.

Camminiamo e parliamo tra un morso e l’altro. Il tempo scorre rapidamente sino al momento in cui il sole scende all’orizzonte, dove sembra quasi toccare il mare, e i nostri gelati sono ormai scomparsi.

E’ ora di tornare indietro. Lasciamo alle nostre spalle la spiaggia, consapevole che staremo insieme ancora per poco, sino a quando scenderai dalla mia macchia e scomparirai dietro il cancello.

 

 

Sono passati soltanto pochi giorni dall’ultimo volta che siamo usciti insieme, ma a me sono sembrati mesi.

E’ mattina presto di un sabato di Giugno e ci stiamo allontanando dalla macchina dirigendoci verso la spiaggia. Tu indossi una canottiera dal colore acceso, le tue braccia scoperte mostrano una abbronzatura niente male, alla vita hai legato un pareo che scende morbido sino alle caviglie. Il mio abbigliamento è sicuramente più scontato, maglietta e costume a pantaloncino.

Finalmente arriviamo in spiaggia accompagnati dalle nostre ombre, il sole non ancora alto le fa sembrare quelle di due giganti. Passiamo vicino al Bar costeggiando il piccolo portico in legno sotto il quale due signore sono impegnate a consumare un caffé. Scendiamo dal vialetto mattonato,  la sabbia non è ancora calda e così ci sfiliamo le ciabatte e proseguiamo a piedi scalzi; proviamo entrambi una sensazione di libertà.

Ti domando se hai in mente di fare subito un bagno, mi rispondi dicendomi che preferisci rilassarti un po’ sul telo e magari metterti la crema.

Avrò forse un occasione di aiutarti? Mi domando mentre cammino al tuo fianco fissando la superficie irregolare della spiaggia.

Non riesco a capire in che modo ma quel mio pensiero viene intercettato dalla tua mente, il sorriso nascosto in un angolo delle tue labbra ne è testimone, mi fai sentire un pochino in imbarazzo.

Il vento non è molto ma è sufficiente a far agitare il tuo pareo,  per limitarne i movimenti sei costretta a poggiare la tua mano lungo un fianco mentre con l’altra sorreggi la borsa da mare. I tuoi capelli si muovono davanti ai tuoi occhi, abbandoni per un attimo il pareo e con un gesto delicato ne porti una ciocca dietro ad un orecchio.

Nel frattempo siamo giunti molto vicini al bagnasciuga lasciando sulla morbida spiaggia le nostre impronte, tracce inconfondibili di un procedere serpeggiante tra i vari asciugamani e ombrelloni. Ti domando se per te va bene fermarci qui. Annuisci, così tiriamo fuori dalle borse i teli da mare che stendiamo vicini sulla sabbia, mi tolgo la maglietta mentre tu fai lo stesso con la canottiera ed il pareo.

I gabbiani che garriscono,  il rumore delle onde che si poggiano delicatamente sulla spiaggia, la voce di un bambino che sfugge dalla propria madre per andare verso l’acqua, quella di un venditore ambulante dalla pelle scura, tutti i suoni attorno a me si affievoliscono improvvisamente lasciando spazio soltanto a quello dei tuoi gesti. Ti siedi un attimo dopo di me mentre io distolgo lo sguardo dalle tue forme e lo rivolgo verso il mare, averti accanto mi sembra un sogno da quale non vorrei mai destarmi.

Prendi il tubetto di crema dalla borsa e ne fai cadere qualche goccia sul palmo della mano. Inizi a passarla sulle gambe con estrema precisione evitando in ogni modo il contatto con i granelli di sabbia. Sono appena passati una decina di minuti da quando ci siamo seduti ma io inizio già ad avere caldo.

Il sole si nasconde per un attimo dietro ad una piccola nuvola proiettandone l’ombra su di noi, mentre il mare continua a rifletterne i suoi raggi, tanto basta a rinfrescarmi un po’.

Attendo impaziente mentre la nuvola trasportata dal vento si sposta lungo la costa, il calore del sole giunge di nuovo indisturbato a scaldare la nostra pelle, la tua è quasi completamente ricoperta da un sottile strato di crema. Ti giri verso di me con una mano poggiata sulla fronte come un marinaio che dalla prua di una nave scorge l’orizzonte in cerca della terra ferma, e finalmente mi chiedi di aiutarti.

E così mi passi il tubetto che per poco la mia mano agitata non lascia scivolare sulla subbia, poi ti stendi sul telo con la schiena rivolta al cielo, il collo ruotato verso un lato e con i capelli che scivolano lungo quello opposto, infine socchiudi gli occhi.

Stringo il tubetto con una mano raccogliendone la crema che ne fuoriesce con l’altra, forse ho esagerato con la quantità ma tu non te ne accorgi. Mi dici di stare attento al costume e di non passarci sopra con la crema, senza attendere oltre poggio le miei mani dolcemente sulla tua schiena, un brivido percorre tutto il tuo corpo, inizio a massaggiarti. Completo il lavoro con la giusta calma poi mi stendo al tuo fianco.

Per qualche minuto ci abbandoniamo al calore del sole, immobili. Poi la mia mano quasi agendo autonomamente giunge a sfiorare la tua. Tu apri gli occhi e il tuo sguardo incrocia il mio. Ti avvicini. Mi avvicino. Ora siamo così poco distanti che e i nostri respiri si intrecciano. Ripenso a tutte le volte che ho immaginato questo momento e solamente ora capisco quanto sia straordinario viverlo. Cancello in fine la distanza che ci separa e le mie labbra premono contro le tue, ho la sensazione di essere solo con te. Dopo qualche istante abbandoniamo uno il sapore dell’altro con il cuore che continua a battere forte nel petto mentre la spiaggia torna ad essere affollata.

Torni a rilassarti sotto il sole distesa con il viso rivolto verso l’alto, non riesco a distogliere lo sguardo dal tuo profilo e così rimango li poggiato su un fianco a fissarti poi anche io mi distendo, ma questa volta siamo più vicini e le nostre mani sono una abbracciata all’altra.

Ho il dubbio che questo sia solo frutto della mia immaginazione e mi chiedo se stia accadendo realmente, forse è davvero un sogno o forse è l’inizio di una storia, la nostra.

 

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