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Uno strano risveglio

Entrò in casa, l’oscurità riempiva il piccolo appartamento in cui viveva. Cercò l’interruttore della luce, lo azionò. Fece scivolare le chiavi all’interno della tasca del suo impermeabile che appese sull’appendiabiti. La casa era vuota come lo era stata ogni sera, da quando si era lasciato con Elisabeth. Allan andò in salotto e si diresse verso il minibar, in realtà un vecchio mobile per grammofono unico cimelio familiare che possedeva, e si preparò un drink. Lo mandò giù con la stessa rapidità con cui una biglia cade da un piano inclinato. Andò in cucina, sbirciò nel frigo. Era in evidente stato di abbandono, l’odore del formaggio ammuffito lo convinse ad ordinare la cena in pronta consegna.
Cinese anche questa sera. Pensò mentre richiuse il frigo.
Così un’ora più tardi si ritrovò a consumare degli involtini primavera di fronte al suo televisore sintonizzato su ESPN, i Mavs di Dallas si giocavano la finale NBA contro Heat di Miami. Seguì la partita sino alla fine del terzo quarto, poi la voglia di alcol tornò. Si preparò un altro Scotch, l’alcol investì il suo corpo di un improvviso calore. La stanchezza, unita all’alcol lo fece addormentare sul divano.

Allan si svegliò, con difficoltà aprì gli occhi. Non ricordava di essersi spostato sul letto, tantomeno di essersi tolto i vestiti. Sentì i rumori della città attraverso la finestra aperta, i rumori in strada gli fecero intuire che doveva essere tarda mattinata. I postumi sembravano quelli di una brutta sbronza, ma non ricordava di aver bevuto eccessivamente. Girò lo sguardo verso la finestra, la tenda si gonfiava e si agitava come una vela sotto la spinta del vento, incrociò i raggi del sole che penetravano nella stanza e chiuse gli occhi. La luce era insolitamente forte, guardandola gli fece emergere una emicrania. Chiuse la finestra, la camera sprofondò nella penombra, il resto della casa già lo era, il mal di testa si attenuò.
Ma che mi sono scolato ieri sera, questa è anche peggio della sbornia presa nell’ultimo anno di liceo.
Si infilò i jeans ed andò in cucina. Aveva fame, non ricordava di essersi mai svegliato con quella voglia di mangiare, così forte da avere i crampi. Aprì gli sportelli della dispensa, ma il loro stato era ancora più preoccupante di quello del frigo.
Devo decidermi di fare un po’ di spesa. Mi toccherà fare colazione fuori. Pensò, ma si accorse che la sua era una strana fame. Non desiderava né caffè né altro, non riusciva a capire. Andò a spegnere il televisore, rimasto acceso dalla sera prima, con Elisabeth in casa non sarebbe mai successo. Ora, con le finestre chiuse e la tv spenta, il silenzio riempì l’intera casa. Tornò in camera da letto, prese una maglietta che indossò. Buttò uno sguardo sulla radiosveglia, uno di quei giocattoli collegati via radio che indicava sempre l’ora esatta, per rendersi conto di quanto fosse tardi. Ma la vera sorpresa non fu scoprire l’ora esatta, ma la data.
“Non è possibile” Quasi gridò. Prese in mano la sveglia e l’agitò come se bastasse a farle cambiare idea sul tempo trascorso. L’orologio indicava le 18:45, ma del giorno sbagliato. Non aveva dormito a lungo, era praticamente andato in letargo. Il suo riposo era durato ben cinque notti.
“A quest’ora dovrei essere morto!” Dedusse, visto che era stato senza bere per così tanto tempo. Morto. Quella parola riecheggiò nella sua mente come un eco nel Grand Canyon. A quel pensiero andò a cercare il battito del cuore, ma il suo corpo rispose con il silenzio.
“Sto sognando, è un incubo!” Non aveva altra spiegazione.
Andò allo specchio si accorse di come era cambiato. La sua pelle era bianca, pallida, e i suoi occhi una volta castani erano diventati di un verde brillante, i pochi capelli bianchi che aveva, erano scomparsi. Il collo gli faceva male, lo sentiva indolenzito. Lo ruotò sino a quando non vide nella sua immagine riflessa i segni di due piccoli fori. Ci passò sopra i polpastrelli, doveva essere uscito del sangue, ma non c’era traccia di fluido coagulato. La fame si fece sentire più intensa, si sentiva completamente vuoto. Poi, capì di cosa aveva veramente bisogno. Aveva sete, sete di liquido rosso, non di vino, ma di sangue.

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