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Una fame insaziabile

Non sapeva esattamente cosa era accaduto quella sera, non riusciva ancora a comprenderlo. Ma aveva capito che la sua umanità era stata spazzata via, era divenuto una creatura con l’anima maledetta, ora era un vampiro.
Forse le descrizioni dei vampiri date da film e libri non corrispondevano alla realtà, Allan non volle sperimentare il contrario sulla propria pelle, non era il caso. Così aspettò la notte. Sapeva di certo un’altra cosa, doveva essere stato un altro vampiro a crearlo, trovarlo poteva voler dire trovare una guida, un maestro.
Da quanto era rinato il suo aspetto fisico era decisamente migliorato, i muscoli erano aumentati di volume e ben definiti, mostrava sicuramente meno anni di quelli che aveva. La mente doveva abituarsi a quel nuovo corpo, doveva conoscere le sue nuove potenzialità, Allan le avrebbe scoperte con il tempo.
Si vestì ed uscì di casa. Si accorse, come immaginava, che la luce artificiale non era dannosa. Aveva fame, una fame che non aveva mai conosciuto.
Abitava nel quartiere di Tribeca in Leonard St, molto vicino al più famoso quartiere Chinatown. Cacciare vicino casa non gli parve una buona idea, così decise di spostarsi con la sua auto verso quartieri più malfamati dove sarebbe stato più semplice avvicinare qualcuno.
Uscì dal palazzo, alzò il capo e incrociò lo sguardo di una signora anziana affacciata da una finestra della costruzione di fronte, vedendolo si ritrasse nel suo appartamento. Due ragazzi di colore passarono proprio davanti a lui, con la loro caratteristica andatura molleggiante e i loro abiti da Rapper, sentì i canini crescere e allungarsi, aveva voglio di affondarli nella loro pelle, di bere. Poi si controllò.
Montò sulla sua macchina, una Buick Century di seconda mano acquistata per poco più di seimila dollari. Era posteggiata lungo il marciapiede, montò ed accese il motore. Allan si gettò nel traffico con la sua Buick nera, uscendo dal parcheggio così rapidamente da scatenare l’ira di un guidatore che sopraggiungeva dietro di lui. Il clacson del veicolo, che per poco non lo travolgeva, gridò.
Era impaziente di scoprire il gusto di bere il sangue umano, pensò al più dolce dei vini, al più succulento piatto che aveva mai mangiato quando era ancora in vita, ma era sicuro che il sangue sarebbe stato unico, al di fuori di ogni paragone.
Accese la radio, una stazione stava trasmettendo “Confessions on a Dance Floor”, alzò il volume, adorava ascoltare Madonna. Mentre guidava tra le strade di New York, percepì una strana sensazione, sfuggente. Guardò lo specchietto retrovisore, e vide qualcuno.
“E tu chi sei?” Disse alla strana figura che era comparsa improvvisamente sul sedile posteriore.
“Colui che ti ha fatto.” Rispose. “Attento a dove vai, potresti uccidere qualcuno…” aggiunse sogghignando.
Allan tornò a guardare la strada, ma ormai era troppo tardi. Sterzò bruscamente, ma quella manovra servì solo ad evitare la macchina che lo precedeva, le ruote lasciarono la loro firma sull’asfalto, l’impatto con il muro fu disastroso, la macchina andò a picchiare di muso e le lamiere si aggrovigliarono attorno al motore. Allan picchiò con la testa sul parabrezza, le spaccature nel vetro divennero molto simili ad una ragnatela sviluppata attorno al punto di impatto. Il collo venne proiettato all’indietro, un essere umano se lo sarebbe spezzato, picchiò con il capo contro il poggiatesta. Il veicolo si arrestò, dal cofano si innalzò fumo bianco.
Allan si rese conto che se fosse stato ancora vivo ci avrebbe quasi sicuramente lasciato la pelle, aveva avuto un altro incidente con la macchina, beh, era stato più che altro un tamponamento. Quella sera si era completamente disinteressato della strada, attratto dalla bellezza delle sue gambe, quelle di Elisabeth.
Scese dall’auto frastornato, sulla fronte aveva un taglio che sgorgava sangue. Intorno a lui si formò una piccola folla. Guardò nell’auto, cercando quello strano individuo che era comparso improvvisamente, ma era svanito altrettanta rapidità.
“Ma è ancora vivo! ” esclamò un ragazzo.
“Si sente bene?” disse una donna.
“Si …è che…” Non aggiunse altro.
Si portò la mano in volto, toccò la ferita e sentì il sangue denso e freddo sotto i suoi polpastrelli. Il grosso taglio che si era procurato iniziò a richiudersi. Allan sentiva la pelle tirare, mentre il flusso di sangue diminuiva. Doveva andarsene di li, e alla svelta. Si fece spazio tra la calca spingendo, scappò. Imboccò strade secondarie cercando rifugio nelle tenebre. Qualcuno lo seguì.

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