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(seguito)
Dove poteva andare nei pochi mesi di vita che gli restavano? Scelse di conoscere Babilonia, prima di andare a Tebe, dove viveva suo padre.
Babilonia la Grande, la Bella, l’Opulenta! Ne aveva sentito sempre parlare.
La strada per Babilonia, però, si rivelò una vera delusione: era cosparsa di rovine, campi incolti, gente affamata e bande di malintenzionati.
Fermarono un mendicante e chiesero:
“E’ questa la via per Babilonia? Abbiamo, forse, sbagliato strada? Qui c’è solo miseria.”
“Ahinoi! – esclamò quello – La nostra principessa è bella e virtuosa, ma è anche la nostra rovina.”
“Com’è possibile? – stupì il principe – Una principessa bella e virtuosa non può essere la rovina del suo popolo.”
“Oh, sì! E’ così bella, che da ogni parte del mondo arrivano principi per chiedere la sua mano. Si fanno guerra fra loro e quel che vedi, straniero, ne è il risultato.”
(la morale è che gli A. Egizi non amavano la guerra e che i Faraoni Guerrieri non furono così numerosi)
“Il vostro Sovrano non fa nulla per evitarlo?”
“Certamente sì! Ha consultato il nostro Dio, Marduk, e il consiglio è stato di erigere una
Torre e di rinchiudervi la principessa per darla in sposa a colui, fra i pretendenti, capace di scalare le mura.”
“Non mi pare un’impresa difficile.” replicò il principe.
“Quelle mura sono ricoperte di specchi e chiunque tenti di farlo, scivola giù ai primi tentativi e deve rinunciare all’impresa e andar via.”
(arrampicarsi sugli specchi: è facile capire la morale di questo tratto della favola)
Il principe volle tentare l’impresa.
Sarà perché desideroso di compiere una grande impresa prima di morire, sarà perché qualche volta anche le imprese impossibili si realizzano… sarà perché siamo all’interno di una favola, ma il principe riuscì nell’impresa.
Alla principessa, però, dovette confessare che aveva solo pochi giorni di vita e non poteva sposarla, ma che era felice di aver salvato il suo Paese dall’invasione straniera.
La principessa, però, volle diventare ugualmente la sua sposa e così, dopo la cerimonia nuziale, il principe si apprestò, in tutta fretta, a tornare a Tebe per presentare la sposa al padre.
Durante il viaggio, la piccola carovana alzò le tende lungo le rive di un fiume. Guardie armate sorvegliavano affinché nessun coccodrillo o serpente si avvicinasse alla tenda del principe. Per di più, la principessa vegliava, mentre il principe dormiva.
Verso l’alba, il cane cominciò ad agitarsi e la principessa vide un’orrida testa di serpente sbucare da sotto la tenda. Chiamò i servi, che uccisero il grosso rettile a bastonate.
Il principe, intanto, continuava a dormire.
“E’ quasi giorno. – si disse la principessa – I servi sono all’erta… nessun coccodrillo, ormai, potrebbe entrare qui dentro.”
E così, stanca e assonnata, si addormentò. Proprio nel momento in cui stava svegliandosi il principe che, la guardò con tenerezza e pensò:
“Ha vegliato per tutta la notte… lasciamola riposare.”
Si alzò e lasciò la tenda, poi si portò in direzione del greto del fiume per bagnarsi il volto e gli occhi.
Fu allora che la vide. Vide una creatura orrida e affascinante insieme, che esercitò su di lui, in egual misura, attrazione e repulsione.
“Chi sei? – domandò – Come ti chiami? Che cosa fai qui?”
La creatura rispose:
“Sono il tuo Destino. Il mio nome è Coccodrillo e ti aspetto da diciotto anni.”
Quel giorno il principe compiva diciotto anni, ma… la sorpresa sta proprio qui: non conosceremo mai il destino del principe poiché il papiro su cui è scritta questa favola è rotto e il pezzo mancante, con il finale, è ancora sepolto da qualche parte nella sabbia della necropoli di Deir-el-Medina, in Egitto, dove è stato rinvenuto, nella tomba di un ragazzo.

E adesso, dite… non sembra una favola scritta oggi? Se non ci credete, andate al Museo de Il Cairo e troverete il papiro custodito in una bacheca.