Archive for dicembre, 2012


1 Star2 Stars3 Stars4 Stars5 Stars (2 votes, average: 4,00 out of 5)
Loading ... Loading …

Siamo in Egitto, Antico Regno – IV Dinastia.
Djoser, un ragazzo di sedici anni, allievo del Tempio di Ptha, lavora al cantiere della Piramide del faraone Khafra.
Abbandonato ancora bambino sulle rive del Nilo, Anubi, la più inquietante delle Divinità egizie, lo pone sotto la sua protezione facendo di lui una “creatura” diversa dagli altri mortali: gli permette perfino un viaggio attraverso la Duat, l’Oltretomba egizia, durante un percorso iniziatico.
La storia del ragazzo si intreccia con le vicende di un popolo unico e straordinario: scene di vita quotidiana, tecniche di costruzione di enormi strutture architettoniche, rivalità tra caste sacerdotali, intrighi di corte…
Si affacciano su questi scenari, lungo le rive di un fiume brulicante di vita, personaggi come Mosè il Ratto, piccola e simpatica canaglia, Osorkon di Tanis, ufficiale di Sua Maestà, arrivato dal Delta con l’inseparabile falco, il principe Thaose, nipote anticonformista del Faraone, e non mancano personaggi come Hetpher. Djeda o Kabaef, “grandi di magia”… Tutti loro condurranno il lettore attraverso un percorso di magico splendore e misteriosi rituali, ma sempre segnato da rigorosa ricostruzione storico.

Questo libro, l’ultimo di Maria Pace, edito da Società Editrice MONTECOVELLO, costa meno di una scatola di cioccolatini o di sigarette, ma gratifica lo spirito e fa sentire più buoni perché sostiene il progetto ONLUS “Save the children”.
A richiesta nelle migliori librerie, ma anche presso la Casa Editrice oppure on line.

1 Star2 Stars3 Stars4 Stars5 Stars (No Ratings Yet)
Loading ... Loading …

Inno ad ATON

Compari pieno di bellezza nell’orizzonte del cielo
Disco vivo che hai dato inizio alla vita
Non appena ti sei innalzato nell’Orizzonte Orientale,
hai riempito ogni Paese della tua perfezione.
Sei bello, brillante, alto nel tuo universo
I tuoi raggi abbracciano i Paesi fini alla fine di tutto quello che hai creato.
Li hai conquistati fino ai loro limiti e li tieni legati per il tuo amato figlio.
Anche se sei lontano, i tuoi raggi toccano la Terra.
Stai davanti ai nostri occhi, ma il tuo cammino continua ad essere per noi sconosciuto.
All’alba ti innalzi all’Orizzonte, mandi via le tenebre e brilli su ogni cosa
L’Universo esiste grazie alle tue mani con cui lo hai creato: se Tu sorgi, vive e se tramonti, muore.
Tu sei la durata della vita stessa. Si vive grazie a te….

composto da Amenopeth IV – conosciuto anche come Akhenaton o Faraone-Eretico
XVIII Dinastia dei Faraoni

1 Star2 Stars3 Stars4 Stars5 Stars (1 votes, average: 5,00 out of 5)
Loading ... Loading …

(seguito)
Djoser comprese che qualcosa di prodigioso stava per accadere.
Attese. Ogni cosa intorno a lui pareva attendere un prodigio, perché quello era un luogo “Divino”, dove era possibile infrangere le barriere del mistero e delle dimensioni: perfino i Faraoni lo avevano scelto per fissarvi le loro dimore eterne.
E il prodigio accadde. Le zanne dello sciacallo, sporgenti fuori
della bocca, lentamente rientrarono; così pure le unghie, lunghe e scure. Il muso, allungato e stretto, si appiattì. Nelle orbite oblique, gli occhi fiammeggiarono. Umani o, forse, divini. Il corpo, rannicchiato e curvo, si alzò; pian piano si allungò. Il pelo, nero e lucente, scivolò dentro il cuoio. Risucchiato. Fino a scomparire. Alta, sempre più alta, la sua figura sovrastò, potente e fiera, quella del ragazzo.
Anubi era davanti a Djoser e il ragazzo, più attonito e sbigottito che mai da quella stupefacente
metamorfosi, lo guardava ammutolito.
“Oh, Anubi! – proruppe – O Signore del Cammino Nascosto!”
“Perché non riposi?” domandò lo Sciacallo Divino e, come già nei meandri della Piramide, la sua voce fece fremere l’aria d’intorno e minacciò di spegnere le fiamme del bivacco.
“Il Deforme Bes, Dispensatore delle Sabbie Benefiche del Sonno, si tiene lontano dal povero Djoser. – si lamentò il ragazzo- L’hai visto aggirarsi qui intorno, o Divino Sciacallo?”
Anubi non rispose a quella domanda, ma ne fece una a sua volta:
“Hai paura di me?”
Un poco, quella domanda stupì il ragazzo. Il Signore del Cammino- Nascosto, si disse, sapeva ben leggere dietro la sua fronte e dentro il suo cuore e conosceva già la risposta. Così, decise di osare. Osò guardarlo in faccia. Osò entrare nel suo fulgore divino. Sapeva bene di poterne restare incenerito. Stranamente, però, non aveva di questi timori. I suoi occhi scuri penetrarono tranquilli e sereni nello sguardo della più misteriosa e temibile fra tutte le Divinità e Anubi gli permise perfino di entrare dentro la sua mente.
L’animo di Djoser si dispose a nuove emozioni. Era certo che lo Sciacallo Divino gli avrebbe mostrato i segreti della Duat, il Mondo-Rovesciato di cui era il Signore, che egli aveva sempre immaginato come un’enorme caverna tenebrosa e irta di insidie, in cui una folla di anime defunte vagavano spaurite alla mercè di terrificanti creature.
Fece un cenno del capo per dire che sì, aveva paura. (continua)
brano tratto dal libro di Maria Pace: “DJOSER e lo Scettro di Anubi”

LA METAMORFOSI (prima parte)

1 Star2 Stars3 Stars4 Stars5 Stars (1 votes, average: 5,00 out of 5)
Loading ... Loading …


(seguito)
Infreddolito e triste, nell’attesa del sonno che non arrivava, Djoser pensava alla culla scurita dal tempo ma ancora attaccata al soffitto di casa. Le sue mani cercarono il filatterio legato al collo, un astuccio di canne contenente iscrizioni incise su un frammento di papiro; formule per propiziarsi il sonno. Glielo aveva messo al collo sua madre.

Improvvisamente avvertì la sensazione di non essere più solo e che la luce della Luna lo scaldasse quasi più delle fiamme del bivacco. Aprì gli occhi e balzò a sedere: sdraiato di fronte a lui dall’altra parte del fuoco, c’era uno sciacallo.
Superato il primo moto di timore, Djoser restò a guardarlo. Capì subito che non si trattava di uno sciacallo comune. Avvolta dal chiarore della Luna e di quello delle fiamme del bivacco, la sagoma dello sciacallo si stagliava nitida contro il cielo blu intenso della notte. Nero come la pece, era assai più grosso di uno sciacallo. Più grosso perfino di un lupo. Collo possente, muscoli poderosi sotto un manto di pelo raso, lo sciacallo si sollevò sulle zampe anteriori e lo fissò dritto negli occhi.
Un brivido attraversò la schiena del ragazzo, incapace di sottrarsi al richiamo di quello sguardo obliquo e verde. Lo vide tendere verso di lui il capo dal muso allungato ed aguzzo, spalancare le fauci e mettere bene in mostra le potenti mandibole e le zanne appuntite. Ma non era un atto di minaccia, bensì la posa che lo sciacallo assume quando ulula alla luna. L’ululato tipico, dicevano al cantiere, che lo sciacallo lancia nei periodi che precedono la pioggia: fenomeno assai raro nel deserto.
Djoser comprese che qualcosa di prodigioso stava per

1 Star2 Stars3 Stars4 Stars5 Stars (1 votes, average: 4,00 out of 5)
Loading ... Loading …

Siano in Egitto, Antico Regno – IV Dinastia.
Djoser, un ragazzo di sedici anni, allievo del Tempio di Ptha, Patrono delle Arti e degli Architetti, lavora al cantiere della Piramide del faraone Khafra (meglio conosciuto con il nome Kefren).
Abbandonato ancora bambino sulle rive del Nilo, viene accolto ed allevato da Pthahotep, architetto di Ptha, e da sua moglie Nsitaten.

Anubi, la più inquietante delle Divinità egizie, lo pone sotto la sua protezione, facendo di lui una “creatura” diversa dagli altri mortali: gli permette perfino un viaggio attraverso le insidiose vie della Duat, l’Oltretomba egizia, lungo Labirinti, Foreste del Tempo, Pehu e Kherty (Paludi e Caverne), frequentati da Demoni, Spiriti malvagi, Geni Protettori ed Anime defunte.
La storia del ragazzo si intreccia con le vicende di un popolo unico e straordinario: scene di vita quotidiana, tecniche di costruzione di enormi strutture architettoniche, rivalità tra caste sacerdotali, intrighi di corte…

Si affacciano su questi scenari, lungo le rive di un fiume brulicante di vita, personaggi come Mosè il Ratto, piccola e simpatica canaglia, cresciuto per strada grande e con un passato pieno di misteri; Osorkon di Tanis, ufficiale di Sua Maestà, arrivato dal Delta con l’inseparabile falco e grande amico di Djoser; il principe Thaose, nipote idealista ed anticonformista del Faraone, sacerdote di Ptha, perseguitato dai preti di Ra e trascinato in una (la prima, nella Storia) guerra religiosa. C’è anche la dolce e bella principessa Nefer, ultimogenita del Faraone, verso cui il ragazzo è irresistibilmente attratto… ricambiato.
Non mancano personaggi come Hetpher, Djeda o Kabaef, “grandi di magia” che, con geloso accanimento, detengono il potere del “Sapere e della Conoscenza” e non sono per nulla disposti a dividerlo con altri.

Tutti loro condurranno il lettore attraverso un percorso di magico splendore e misteriosi rituali: lo presenteranno alla corte del Faraone, lo trascineranno lungo i sotterranei di Templi, Sfingi e Piramidi per mostrare loro i segreti nascosti, lo inviteranno a salire sulla Barca Reale del Faraone in corteo sul Nilo, ma anche sulla Barca Solare di Ra in transito nel cielo notturno. Prenderanno per mano il lettore e lo spingeranno nel caos di un mercato faraonico e poi lo faranno sedere a riposare, alle fiamme di un bivacco… il tutto, però, attraverso una rigorosa ricostruzione storica.

chi volesse conoscere le vicende di Djoser e dei suoi amici, può leggere:
“DJOSER e lo Scettro di Anubi” di Maria Pace
edito da SOCIETA’ EDITRICE MONTECOVELLO
nelle migliori librerie

1 Star2 Stars3 Stars4 Stars5 Stars (No Ratings Yet)
Loading ... Loading …


Ancora più mostruosa era quest’altra creatura mitologica, essa pure figlia di Echidna: testa di leone, corpo di capra e coda di serpente… e poiché il gusto per l’orrore era spiccato già a quei tempi, il mito la dotò anche di alito infuocato e pestilenziale.

Il mostro seminava il terrore in territorio di Licia e il Re di quelle contrade, si vide costretto a chiedere aiuto ad un suo ospite: un certo Bellerofonte.
“Il Re di Carnia, mio nemico, – gli disse – tiene in casa quel mostro come se si trattasse di un animale domestico.”
L’eroe non si fece ripetere l’invito e partì subito per l’impresa. Per prima cosa domò Pegaso, il cavallo alato, nato dal sangue della Medusa, una delle Gorgoni e la sola delle tre sorelle ad essere mortale.
Domare Pegaso, però, non fu impresa facile. Bellerofonte lo trovò che stava abbeverandosi ad una delle fonti che lo stesso Pegaso faceva sgorgare battendo il suolo col uno degli zoccoli. Riuscì a catturarlo con una briglia d’oro, dono della dea Atena e, naturalmente, con l’aiuto della Dea stessa.

Riuscire ad uccidere la Chimera, però, era tutt’altra impresa; Bellerofonte le piombò addosso in groppa a Pegaso e la colpì con la lancia dalla punta di piombo che le conficcò in bocca. L’alito di fuoco della mostruosa creatura fece sciogliere il piombo, che scivolò giù, attraverso la gola, sciogliendo tutti gli organi vitali e causandole la morte.

1 Star2 Stars3 Stars4 Stars5 Stars (No Ratings Yet)
Loading ... Loading …


Pegaso, il cavallo alato, inevitabilmente richiama un altro nome, quello della madre: Medusa, l’orrendo mostro.
Medusa, in realtà, era una fanciulla bellissima, la più bella delle sorelle Gorgoni:
- Steno, la Forte
- Curiale, la Spaziosa
- Medusa, la Dominatrice.
Delle tre sorelle, Medusa era la sola a non essere mortale, ma commise l’errore di accoppiarsi con Immortale, nientemeno che con Poseidone e lo fece in un Tempio dedicato ad Atena.
Atena si risentì tanto a causa di quell’oltraggio, che per punirla la tramutò in un essere mostruoso: occhi di brace, enormi zanne al posto dei denti, in testa una selva di serpenti al posto dei capelli, gambe e braccia artigliate. Il suo aspetto era così orribile che, a guardarla negli occhi, si restava pietrificati dal terrore.

Polidette, re del Seride, nell’Egeo, affidò a Perseo, figlio di Danae e di Zeus, la rischiosa e quasi impossibile impresa di uccidere la mostruosa creatura.
Ad aiutare l’eroe, però, provvide la stessa dea Atena, con l’apporto di suo fratello, il dio Mercurio.
Le due Divinità fornirono l’eroe di tutto quanto potesse aiutarlo nella disperata impresa.
Per affrontare Medusa senza restare pietrificato dal suo sguardo, Atena gli consegnò il suo scudo da usare come specchio attraverso cui guardarla, evitando il contatto diretto con il suo sguardo
La Dea gli fece dono anche di una sacca magica in cui riporre la testa del mostro, i cui poteri continuavano a sussistere anche dopo la morte.
Anche Mercurio fu generoso nei suoi doni: gli consegnò un ricurvo pugnale dalla magica proprietà di penetrare qualunque materiale. Gli mise ai piedi i suoi calzari per renderlo velocissimo negli spostamenti ed in testa un casco che rendeva invisibili chi lo indossava.

L’eroe si recò nella terra degli Iperborei, dove vivevano le GORGONI.
Le trovò che stavano dormendo e sorprese Medusa nel sonno, tagliandole di netto la testa con il magico pugnale.
Dal corpo della Medusa balzarono fuori i figli concepiti a Poseidone: Pegaso, il cavallo alato e il guerriero Crisaore.
Prima di darsi alla fuga con la sacca contenente la tesa del mostro, Perseo si fermò a raccoglierne il sangue dalle magiche proprietà. Quello sgorgato dalla vena destra resuscitava i morti mentre quello della vena sinistra procurava la morte.
Il primo fu donato, fra gli altri, ad Esculapio, dio della Medicina; del secondo, invece, assai velenoso, Perseo ne fece dono ad Atena. La Dea tenne per sé anche la testa della mostruosa creatura che posa sopra il suo scudo per terrorizzare i nemici.

Mettersi in salvo, appena ucciso la Medusa, però, non fu facile per Perseo, inseguito da Pegaso, Crisaore e dalle altre due Gorgoni. L’elmo e i calzari di Mercurio, però, gli favorirono la fuga.

I miti greci erano sempre simbolici… Quale significato nascondeva questo mito?
La Medusa, con il suo sguardo pietrificatore, rappresentava l’ammonimento all’uomo che voleva avvicinarsi troppo al Mistero Divino per volerlo scrutare o, addirittura, servirsene.
In tutte le Antiche Religioni, a volersi avvicinare troppo alle “Questioni Divine”, c’era il rischio di restarne sopraffatti. Sempre nelle antiche credenze delle varie Religioni, eroi come Gilghemesh, Adamo e altri, furono puniti per essersi avvicinati troppo ai Misteri-divini.

Nell’antichità, i fornai greci usavano dipingere una testa di Medusa sui loro forni per impedire che qualcuno aprisse lo sportello e danneggiasse la cottura del pane.
Ancora nell’Antichità, durante i riti pagani in onore della dea Luna, le sue sacerdotesse si coprivano il volto con orrende maschere allo scopo di tenere lontano i curiosi.

1 Star2 Stars3 Stars4 Stars5 Stars (2 votes, average: 3,50 out of 5)
Loading ... Loading …

Letteralmente il termine Centauro significa: “colui che trafigge il toro”, dall’etimo classico Kentauroi; un altro etimo suggerisce, invece: “gruppo armato di cento uomini”.
Qualunque sia il significato del termine, il mito li vuole d’aspetto davvero singolare: uomini fino all’ombelico e cavalli per il resto del corpo. Il mito li vuole anche rissosi, lussuriosi e sempre pronti a saltare addosso alla prima donna che capitava loro davanti.
Omero li chiama: “villose bestie selvagge”, per il loro aspetto e le attività orgiastiche ed erotiche.
La leggenda sulla loro origine farebbe arrossire gli autori di erotismo più audace. Vediamo perché.
Il capostipite fu un certo Issione, re dei Lapiti, tipo poco raccomandabile, per giunta assassino.
Giove, re degli Dei, pur contro il parere degli altri Immortali, non solo non lo punì per il suo reato, ma lo invitò alla sua tavola.
A Issione piacevano molto le donne, proprio come a Giove; per questo, forse, non mancò di fare certe proposte addirittura a Giunone, sposa del suo divino ospite.
Giove scoprì presto le intenzioni del suo ingrato ospite e per metterlo alla prova dette ad una nuvola le sembianze di Giunone.
Annebbiato dal vino e dalla lussuria, Issione sfogò le sue brame sul simulacro di nuvola; dall’inconsueto rapporto nacque Centauro che, diventato adulto, dette sfogo alle sue insane tendenze sessuali e si accoppiò con le cavalle del Monte Pelio, che gli generarono i Centauri, creature metà uomini e metà cavalli.
Questo il mito. La realtà, naturalmente, era un’altra.
I Centauri erano uomini barbuti e selvaggi, appartenenti a tribù delle montagne della Grecia orientale, i quali vivevano in tale simbiosi con i loro cavalli, da sembrare una sola cosa con il proprio animale.
Nacque così la leggenda degli Uomini-cavallo.