Archive for maggio 27th, 2012


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Non esiste termine (né si potrebbe inventarlo) capace di esprimere la grandiosità e l’unicità del legame madre-figlio. Per questo citerò due soli nomi: la più amata e la più esecrata delle madri.

- Cornelia: madre esemplare

Figlia minore di Scipione l’Africano, Cornelia andò sposa, intorno al 175 a.C. a Sempronio Gracco; questa donna, ancora oggi, è assunta a simbolo dell’orgoglio materno.
Donna colta e di forte carattere, scrisse Lettere e Consigli rivolti ai numerosi figli; dodici, per la precisione, di cui, però, sopravvissero solo tre: Sempronia e i due famosi Gracchi, Tiberio e Caio.
Dopo la morte del marito, la matrona si dedicò completamente alla cura dei figli, rifiutando perfino di sposare il faraone Tolomeo VIII e la possibilità di diventare Regina d’Egitto.
Si racconta che ad un’amica che mostrava con orgoglio i propri gioielli, Cornelia abbia risposto:
“Haec urnamenta mea!”, indicando i figli, Caio e Tiberio, che stavano giocando in un angolo del giardino.
Da sempre Cornelia è considerata la madre ideale non solo per le sue virtù, ma anche per il carattere sobrio ed austero che la contraddistingueva.

- Procne: madre snaturata

Procne era figlia di Pandione, re di Atene, e moglie di Tereo, re di Tracia. Sventura volle che Tereo si innamorasse di Filamela, sorella di Procne, lasciandosi ammaliare dal suo canto.
Per averla, Tereo ricorse all’inganno: segregò la moglie, facendola credere morta, e chiese in moglie la di lei sorella, Filamela.
Saputa la notizia, Procne minacciò di avvertire il padre e la sorella; Tereo, per impedirglielo, le fece mozzare la lingua e la nascose nel quartiere degli schiavi.
Procne, però, riuscì lo stesso ad avvertire la sorella, nascondendo un messaggio nel manto nuziale ricamato dalle schiave per la sposa.
Le due sorelle, finalmente ricongiunte, si vendicarono del fedifrago marito nel modo più atroce: uccisero Iti, il figlioletto che Procne aveva avuto da Tereo e ne fecero mangiare le carni al padre.
Quando Tereo si rese conto dell’orrido pasto consumato, le uccise entrambe.
Gli Dei, dice la leggenda, trasformarono i tre in altrettanti uccelli: Filamela fu un unignolo, Prone una rondine e Tereo un corvo.
Naturalmente si tratta di allegorie, ma in qualche modo, gli Antichi sentivano la necessità di farsi una ragione dell’esistenza del male!

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Il male più oscuro che la filosofia religiosa si trscina con sé è sicuramente la Superstizione la quale in alcuni momenti della storia dell’uomo si trasformò in una piaga non meno purulenta del vaiolo, della peste o della lebbra.
Innumerevoli le gìvittime della Superstizione, in ogni sua sfaccettatura, qui, però voglio citarne un solo nome:

- Caterina Medici

Il numero più elevato di donne immolate sull’altare della Persecuzione è, infatti, da attribuire prprio alla superstizione e la piaga più purulenta della superstizione fu la “caccia alle streghe”.
Furono tante le donne, accusate di stregoneria, che finirono sul rogo. Qui voglio ricordarne una soltanto: Caterina Medici, vissuta nel 1600.
Caterina era una ragazza molto bella, cresciuta in un borgo in provincia di Pavia e trasferitasi a Milano come domestica.
Furono la sua bellezza, la gelosia e la superstizione, a spingerla verso una morte orribile.
Giunta a Milano, lavorò nella casa di un ufficiale dell’esercito che, per sua sfortuna, si innamorò perdutamente di lei, tanto da indurre la gelosissima moglie ad accusarla d’aver usato pratiche magiche per sedurre il marito.
In seguito Caterina servì nella casa di un nobile, un certo Melzi, che, subito dopo il suo arrivo, cominciò ad accusare forti dolori di stomaco.
Tanto bastò a Martino Delrio, autore di un insulso quanto pericoloso ed apprezzato (all’epoca) Trattato di Stregoneria, per accusare di stregoneria la povera Caterina.
Ad avvalorare la sua accusa ci pensò un altro fanatico personaggio: Ludovico Settale, medico, che riscontrò strane macchie sul corpo della ragazza.
“… opera del demonio.” sentenziò.
Sottoposta ad indicibili tormenti, la ragazza “confessò” tutto quanto le fu ordinato di confessare. Qualche giorno dopo salì sul rogo per essere bruciata viva.

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- Manon Roland
Maria Giovanna Philippon, detta Manon, moglie del conte Roland de la Platière, ministro di Luigi XVI, fu una donna di vasta cultura, apprezzata e ammirata da tutti. Nel suo salotto letterario, a Parigi, si discuteva di arte, Letteratura, Politica, Filosofia; era, infatti, frequentato dai Girondini, intellettuali di idee moderate.
Come la storia racconta, i Girondini furono ben presto perseguitati dai Rivoluzionari più spietati, come Danton e Robespierre, proprio per la moderatezza delle loro idee.
Robespierre denunciò il conte Roland come traditore e nemico del popolo; Roland riuscì a fuggire e mettersi in salvo, ma Manon fu arrestata e condannata a morte.
Celebre la frase che pronunciò mentre, a bordo della carretta che la portava al patibolo, passò davanti alla statua della Libertà:
“Libertà… quanti delitti si compiono in tuo nome!”
Tre giorni dopo il conte Roland, appresa la notizia della sua morte, si dette morte a sua volta.

- Caterina Medici
Il numero più elevato di donne immolate sull’altare della Persecuzione è da attribuire alla superstizione e la piaga più purulenta della superstizione fu la “caccia alle streghe”.
Furono tante le donne, accusate di stregoneria, che finirono sul rogo. Qui voglio ricordarne una soltanto: Caterina Medici, vissuta nel 1600.
Caterina era una ragazza molto bella, cresciuta in un borgo in provincia di Pavia e trasferitasi a Milano come domestica.
Furono la sua bellezza, la gelosia e la superstizione, a spingerla verso una morte orribile.
Giunta a Milano, lavorò nella casa di un ufficiale dell’esercito che, per sua sfortuna, si innamorò perdutamente di lei, tanto da indurre la gelosissima moglie ad accusarla d’aver usato pratiche magiche per sedurre il marito.
In seguito Caterina servì nella casa di un nobile, un certo Melzi, che, subito dopo il suo arrivo, cominciò ad accusare forti dolori di stomaco.
Tanto bastò a Martino Delrio, autore di un insulso quanto pericoloso ed apprezzato (all’epoca) Trattato di Stregoneria, per accusare di stregoneria la povera Caterina.
Ad avvalorare la sua accusa ci pensò un altro fanatico personaggio: Ludovico Settale, medico, che riscontrò strane macchie sul corpo della ragazza.
“… opera del demonio.” sentenziò.
Sottoposta ad indicibili tormenti, la ragazza “confessò” tutto quanto le fu ordinato di confessare. Qualche giorno dopo salì sul rogo per essere bruciata viva.

LA DONNA nella STORIA: La Persecuzione

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LA PERSECUZIONE

La persecuzione – recita il dizionario – è l’insieme dei tormenti e dei martirii patiti dal Cristianesimo nascente.
Naturalmente si può essere perseguitati per molti altri motivi, oltre che quelli religiosi: politici, filosofici, morali, etnici… e le donne, forse, più ancora degli uomini. Vediamo alcuni esempi, qui di seguito, presi non propriamente a caso:

- Cecilia
Vittima del Paganesimo, è una santa che tutti conoscono; molte donne ancora oggi portano il suo nome: Cecilia.
Regnava l’imperatore Alessandro Severo.
A Roma, una nobile fanciulla diciassettenne, appartenente alla gens Caeciliae, andò sposa ad un certo Valeriano. La ragazza riuscì a convertirlo al Cristianesimo e con lui, suo fratello Tiburzio.
Dopo il martirio dei due, anche Cecilia fu arrestata e sottoposta a torture. Subì prima la tortura del fuoco, ma le fiamme la lasciarono miracolosamente indenne. Sconcertati, ma determinati ad ucciderla, i suoi persecutori finirono per decapitarla.
Numerose leggende sorsero, nel Medio Evo, intorno a questa figura di Santa. Non è ancora chiaro per quale motivo sia stata associata all’Arte e soprattutto alla Musica; certo è che ancora oggi viene considerata Patrona dei Musicisti.

– Ipazia
Meno conosciuta di S. Cecilia (almeno nel mondo occidentale), Ipazia è stata una vittima del Cristianesimo.
Donna di grande cultura, Matematica, Astronoma e Filosofa, Ipazia visse nella seconda metà del terzo secolo a.C. ad Alessandria d’Egitto.
Era a capo di una scuola filosofica neo-platonica e della Filosofia diceva:
“… è uno stile di vita, una costante, religiosa e disciplinata ricerca della Verità.”
Il suo pensiero, libero e laico, attirava ai suoi insegnamenti una folla sempre più numerosa e ciò mise in allarme la Chiesa Cristiana nascente di Alessandria.
Sedeva, all’epoca, sul seggio episcopale della città, un certo Cirillo, le cui mire erano quelle di trasformare l’Episcopato in un Principato.
Il vescovo Cirillo si scontrò più volte con Oreste, il Prefetto di Alessandria: il secondo difendeva le proprie prerogative e il primo tentava di dominare la cosa pubblica oltre il lecito consentito.
Tra i due il conflitto fu inevitabile e assai acceso e fu in quel clima che maturò il delitto: Ipazia, amica personale del Prefetto, era ritenuta responsabile della mancata riconciliazione dei due.
Il vescovo Cirillo, per di più, era roso dall’invidia per il grande successo riscosso dalla donna ed era preoccupato dei suoi insegnamenti: una folla sempre più numerosa frequentava la sua casa e accorreva alle sue lezioni. Tramò per la sua morte e fomentò contro di lei i suoi seguaci.
Era un giorno del marzo del 415 d.C. quando un gruppo di cristiani, guidati da un certo Pietro, attesero che la donna rincasasse.
Ipazia fu trascinata giù dal carro e condotta in una chiesa. Qui, ai piedi dell’altare, fu denudata, uccisa e fatta a pezzi e i pezzi furono bruciati.
Respirava ancora quando le cavarono gli occhi.

- Manon Roland
Maria Giovanna Philippon, detta Manon, moglie del conte Roland de la Platière, ministro di Luigi XVI, fu una donna di vasta cultura, apprezzata e ammirata da tutti. Nel suo salotto letterario, a Parigi, si discuteva di arte, Letteratura, Politica, Filosofia; era, infatti, frequentato dai Girondini, intellettuali di idee moderate.
Come la storia racconta, i Girondini furono ben presto perseguitati dai Rivoluzionari più spietati, come Danton e Robespierre, proprio per la moderatezza delle loro idee.
Robespierre denunciò il conte Roland come traditore e nemico del popolo; Roland riuscì a fuggire e mettersi in salvo, ma Manon fu arrestata e condannata a morte.
Celebre la frase che pronunciò mentre, a bordo della carretta che la portava al patibolo, passò davanti alla statua della Libertà:
“Libertà… quanti delitti si compiono in tuo nome!”
Tre giorni dopo il conte Roland, appresa la notizia della sua morte, si dette morte a sua volta.

- Caterina Medici
Il numero più elevato di donne immolate sull’altare della Persecuzione è da attribuire alla superstizione e la piaga più purulenta della superstizione fu la “caccia alle streghe”.
Furono tante le donne, accusate di stregoneria, che finirono sul rogo. Qui voglio ricordarne una soltanto: Caterina Medici, vissuta nel 1600.
Caterina era una ragazza molto bella, cresciuta in un borgo in provincia di Pavia e trasferitasi a Milano come domestica.
Furono la sua bellezza, la gelosia e la superstizione, a spingerla ve