- Manon Roland
Maria Giovanna Philippon, detta Manon, moglie del conte Roland de la Platière, ministro di Luigi XVI, fu una donna di vasta cultura, apprezzata e ammirata da tutti. Nel suo salotto letterario, a Parigi, si discuteva di arte, Letteratura, Politica, Filosofia; era, infatti, frequentato dai Girondini, intellettuali di idee moderate.
Come la storia racconta, i Girondini furono ben presto perseguitati dai Rivoluzionari più spietati, come Danton e Robespierre, proprio per la moderatezza delle loro idee.
Robespierre denunciò il conte Roland come traditore e nemico del popolo; Roland riuscì a fuggire e mettersi in salvo, ma Manon fu arrestata e condannata a morte.
Celebre la frase che pronunciò mentre, a bordo della carretta che la portava al patibolo, passò davanti alla statua della Libertà:
“Libertà… quanti delitti si compiono in tuo nome!”
Tre giorni dopo il conte Roland, appresa la notizia della sua morte, si dette morte a sua volta.
- Caterina Medici
Il numero più elevato di donne immolate sull’altare della Persecuzione è da attribuire alla superstizione e la piaga più purulenta della superstizione fu la “caccia alle streghe”.
Furono tante le donne, accusate di stregoneria, che finirono sul rogo. Qui voglio ricordarne una soltanto: Caterina Medici, vissuta nel 1600.
Caterina era una ragazza molto bella, cresciuta in un borgo in provincia di Pavia e trasferitasi a Milano come domestica.
Furono la sua bellezza, la gelosia e la superstizione, a spingerla verso una morte orribile.
Giunta a Milano, lavorò nella casa di un ufficiale dell’esercito che, per sua sfortuna, si innamorò perdutamente di lei, tanto da indurre la gelosissima moglie ad accusarla d’aver usato pratiche magiche per sedurre il marito.
In seguito Caterina servì nella casa di un nobile, un certo Melzi, che, subito dopo il suo arrivo, cominciò ad accusare forti dolori di stomaco.
Tanto bastò a Martino Delrio, autore di un insulso quanto pericoloso ed apprezzato (all’epoca) Trattato di Stregoneria, per accusare di stregoneria la povera Caterina.
Ad avvalorare la sua accusa ci pensò un altro fanatico personaggio: Ludovico Settale, medico, che riscontrò strane macchie sul corpo della ragazza.
“… opera del demonio.” sentenziò.
Sottoposta ad indicibili tormenti, la ragazza “confessò” tutto quanto le fu ordinato di confessare. Qualche giorno dopo salì sul rogo per essere bruciata viva.
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