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Ancora più mostruosa era quest’altra creatura mitologica, essa pure figlia di Echidna: testa di leone, corpo di capra e coda di serpente… e poiché il gusto per l’orrore era spiccato già a quei tempi, il mito la dotò anche di alito infuocato e pestilenziale.

Il mostro seminava il terrore in territorio di Licia e il Re di quelle contrade, si vide costretto a chiedere aiuto ad un suo ospite: un certo Bellerofonte.
“Il Re di Carnia, mio nemico, – gli disse – tiene in casa quel mostro come se si trattasse di un animale domestico.”
L’eroe non si fece ripetere l’invito e partì subito per l’impresa. Per prima cosa domò Pegaso, il cavallo alato, nato dal sangue della Medusa, una delle Gorgoni e la sola delle tre sorelle ad essere mortale.
Domare Pegaso, però, non fu impresa facile. Bellerofonte lo trovò che stava abbeverandosi ad una delle fonti che lo stesso Pegaso faceva sgorgare battendo il suolo col uno degli zoccoli. Riuscì a catturarlo con una briglia d’oro, dono della dea Atena e, naturalmente, con l’aiuto della Dea stessa.

Riuscire ad uccidere la Chimera, però, era tutt’altra impresa; Bellerofonte le piombò addosso in groppa a Pegaso e la colpì con la lancia dalla punta di piombo che le conficcò in bocca. L’alito di fuoco della mostruosa creatura fece sciogliere il piombo, che scivolò giù, attraverso la gola, sciogliendo tutti gli organi vitali e causandole la morte.