Category: STORIA, MITI E LEGGENDE


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Seguiva una cerimonia funebre officiata, alla presenza di amici e parenti, da Sacerdoti funerari, tra cui il sacerdote-sem, riconoscibile (in pitture parietali o papiri) dalla pelle di leopardo sulle spalle e il chery-webb, Sacerdote –lettore,riconoscibile dalla lunga stola bianca adagiata su una spalle.
Prima di calare il sarcofago nella tomba, si metteva in atto un complesso rituale conosciuto come “Il rito dell’apertura della Bocca”, che avrebbe restituito i sensi al defunto e gli avrebbe consentito una vita “normale”..

Cosa accadeva, nel frattempo alle altre entità?
Il Ba, l’Anima, usciva dalle narici e con forma di uccello con testa umana, volava sulle montagne della necropoli. Qui restava in attesa di congiungersi alle altre entità, dopo il Giudizio di Osiride.
Anche la Shut, separata dal corpo, restava in attesa e in caso di Giudizio sfavorevole, si aggirava di notte, arrecando ovunque terrore e danno. Qualche volta riusciva a seguire il Ka nel suo peregrinare lungo le vie dell’Oltretomba e, se il Giudizio di Osiride fosse stato sfavorevole, non c’era scampo neppure per essa.
-L’Ib, il Cuore, doveva raggiungere il Tribunale di Osiride per essere giudicato. Messo su uno dei piattelli della Sacra Bilancia di Maat, Dea della Verità e della Giustizia, doveva pesare non più della Sacra Piuma, che la Dea si staccava dal capo e poneva sull’altro piattello.

Ma… torniamo al Ka, lo Spirito. Era il solo (a parte il Cuore) fra tutte le entità del defunto, a mettersi in viaggio attraverso le oscure ed insidiose vie della Duat, l’Oltretomba egizia. Doveva affrontare creature spaventose come il serpente Apep,(meglio conosciuto con il nome di Apofi), il leone Akhet, il coccodrillo Shui e molte altre ancora; doveva percorrere fiumi dalle acque impetuose, laghi di fuoco, montagne di ghiaccio e… (chi più ne ha, più ne metta).
In questa impresa, però, non era né solo né sprovveduto: Divinità funerarie erano pronte ad aiutarlo e, naturalmente, la Magia… la magia, ancella della Religione o, più esattamente, sua comprimaria: il defunto, infatti, aveva a sua disposizione He-kau, formule magiche per affrontare pericoli e annientare nemici. Erano, per lo più, scritte su scarabei di pietra turchese; in alcune tombe ne sono stati trovati fino a novanta esemplari.
Giunto alla Sala del Tribunale, lo aspettavano Osiride e la Corte dei Quarantadue Spiriti, ognuno dei quali rappresentava un peccato: invidia, inganno, appropriazione indebita, ecc.)
Formule magiche, naturalmente, lo aiutavano a superare le difficoltà… D’altronde, bastava essere innocente di almeno Sette dei Quarantadue Peccati per scongiurare la fine.
Una fine davvero orrenda, quella riservata ai peccatori: le fauci di Ammit la Bestia, un ibrido con testa di ippopotamo, corpo di leone e coda di coccodrillo.
Il Ka che fosse riuscito a superare il Giudizio, poteva fare due cose (e di solito le faceva entrambe): restare nell’Oltretomba e soggiornare negli Hotep Jaru, il Paradiso egizio, come Spirito, oppure tornare nella hut-ka, la tomba, dove lo aspettava il corpo imbalsamato e dove poteva congiungersi alle altre entità e vivere fisicamente in quella dimora.
Era quello, infatti, lo scopo della preservazione del corpo fisico: dare un supporto allo Spirito e permettere al defunto la sua Vita Eterna.

E l’Akh, il Luminoso?
All’interno della tomba poteva accadere uno strano fenomeno: dopo un po’, il corpo di un defunto innocente e virtuoso cominciava ad emanare luce. Meno erano i peccati, più intensa si faceva la luce: un modo poetico, forse, degli Antichi Egizi, di spiegarsi il fenomeno dei fuochi fatui.

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- Ba: un po’ difficile, definire questa entità. Di sicuro era qualcosa di speciale, che solo la creatura umana possedeva e che la differenziava all’animale (senza anima).
Alla sottoscritta piace definirla la parte divina che è in ogni essere umano: l’Anima, che Dio trasfuse all’uomo quando lo creo, soffiandogli attraverso le narici. (concetto ripreso successivamente dalla cultura ebraica: basta leggere la Bibbia e la Creazione dell’uomo)
Il Ba è raffigurato come un uccello (quasi sempre un airone) con testa umana, forse a causa della presenza dei numerosi stormi d’uccelli che stazionavano sulle cime dei monti delle necropoli.
- Ib: il cuore, sede della coscienza e del carattere di ogni individuo.

- Shut: l’Ombra. Copia in negativo del djet, alla morte dell’individuo, l’Ombra si staccava dal corpo e vagava inquieta nell’attesa del Giudizio di Osiride. Accadeva anche che lo seguisse nell’Aldilà.

- Ren: il Nome. Era così importante, questa entità, da negare l’esistenza a chi non lo possedeva o non lo possedeva più. Basti pensare al deplorevole uso di cancellare da Templi e Monumenti, il nome di alcuni Faraoni scomodi, come il celeberrimo Akhenaton, al solo scopo di cancellarne la memoria.
- Akh: chiamato anche il Glorioso o il Luminoso.

Cosa accadeva ad una persona appena defunta?
Ecco il rituale cui era sottoposta e il mito, a cui il popolo egizio si aggrappava.
Convinto?… Immagino di sì!… Almeno quella parte del popolo tenuto nell’ignoranza!
Subito dopo il decesso, i Sacerdoti funerari prelevavano il cadavere e lo trasportavano alla Casa dell’Imbalsamazione per prepararlo “fisicamente” all’Immortalità.
Settanta o anche ottanta giorni, durava il processo di conservazione del corpo, ma qui, bisogna fare una distinzione fra Imbalsamazione e Mummificazione.
La seconda era un “processo naturale” di conservazione del corpo e lo si praticò, all’incirca, fino alla IV o V Dinastia (epoca di Giza, Sakkara, ecc). Non occorreva intervenire sul corpo, poiché bastavano clima secco e temperature elevate.
La prima era, invece, un “processo artificiale”. Il corpo veniva svuotato degli organi molli (fegato, stomaco, intestino e polmone, i quali venivano conservati in appositi contenitori, conosciuti con il nome di vasi canopi) e il vuoto era riempito con paglia, resine, balsami; poiché non si praticava ancora la sutura delle ferite, queste tendevano ad aprirsi. Per ovviare all’inconveniente, il cadavere veniva avvolto in bende tenute insieme da una colla, scura e densa. Ancora oggi non se ne conosce bene il composto, che qualcuno chiamò (in egiziano): mummif (bitume), da cui la parola mummia.

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Da quando l’uomo auspica una vita dopo la morte?
Non è prudente azzardare supposizioni.
Gli Antichi Egizi dicevano che il percorso umano si divide in tre fasi:
- Vita terrena
- Morte
- Vita ultraterrena

La vita terrena, dicevano, è un dono degli Dei per consentire all’uomo di procurarsi tutto il necessario per affrontare la vita ultraterrena e la morte è un solamente un passaggio.

“L’antico popolo egizio – diceva lo storico greco Erodoto – praticava il Culto dei Morti, ma amava profondamente la Vita.”
Ed era proprio così: gli Antichi Egizi cercavano di vivere al meglio la vita terrena, poiché quella ultraterrena doveva esserne una copia esatta.
Un dono o un privilegio, non riconosciuto a tutti, però, poiché quel dono bisognava meritarselo attraverso una vita terrena condotta irreprensibilmente.
Nelle Antiche Massime Morali troviamo insegnamenti come:
“Non essere malvagio, la bontà genera simpatia.”
“Onora una vita di lavoro:l’uomo che non ha nulla diviene desideroso dell’altrui proprietà.”
O ancora:
“Calma coloro che sono in lacrime.”
“Non opprimere le vedove”

Che cosa accadeva all’uomo dopo la morte? Di tutte le entità (erano sette e ne parleremo in altra sede) che componevano la sua natura umana, solamente il Ka, ossia lo Spirito, si apprestava a percorrere le strade della DUAT (l’Oltretomba) per affrontare il Giudizio di Osiride e dei 42 Giudici: la pesatura del Cuore.
Il Cuore veniva posto su uno dei piattelli della Sacra Bilancia di Maat, la Dea della Giustizia, la quale si toglieva dal capo la Sacra Piuma e la poneva sull’altro piattello: il Cuore non doveva pesare più della Piuma.
Formule Magiche ed Incantesimi, però, (Rew ed He-Kau) potevano “alleggerire” il peso del Cuore… (Ah!… questi antichi egizi!…)

Il percorso per arrivare alla Sala del Tribunale di Osiride era irto di pericoli ed insidie, ma anche qui veniva in soccorso la magia… spesso le formule magiche( per ogni più svariata evenienza) erano incise sulla superficie di scarabei di pietra… in alcune tombe sono stati trovati fino a novanta scarabei con queste incisioni.
Accompagniamo, dunque, il Ka del defunto lungo questo viaggio.
Iniziamo dal grande Portale d’Ingresso: Ro-Stau, letteralmente “La Buca”.
Era sorvegliata da tre demoni: il Portiere, il Guardiano e l’Araldo.
Il loro compito era di impedire l’accesso a quella Porta e il loro aspetto era terrificante.
Anche qui, però, in soccorso del povero defunto-pellegrino giungeva quell’aspetto utilitaristico della Religione e della Magia di cui l’antico popolo nilotico permeava la propria esistenza.
Incantesimi e Formule Magiche riuscivano a vincere la resistenza di quelle demoniache creature e la loro volontà: il Ka del defunto doveva soltanto pronunciarle con la “giusta” intonazione della voce, dopo essersi dichiarato ed aver pronunciato il nome di ognuno di loro.
L’esito era assicurato e i tre Demoni avrebbero spalancato il Portale ed introdotto lo spirito del defunto all’interno dell’Oltretomba, un percorso disseminato di ambagi ed insidie.
Il primo ostacolo da superare era…
ma qui, vorrei invitarvi a seguire il Ka del defunto, lungo il suo percorso, attraverso la lettura dell’ultimo libro di Maria PACE:

“DJOSER e Lo Scettro di Anubi”

Potete richiederlo presso:
- www.lulu.com
- Google Book
- Amazon book

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La seconda iscrizione:
“Pastora. Nessuna Tentazione. Che Poussin, Teniers detengono la chiave: Pace 681. Per la Croce e per questo Cavallo di Dio, io compio “anniento” questo demone di guardiano a mezzogiorno. Mele Azzurre.”
Che cosa significherebbe?
Chiave 681 sarebbe l’anno in cui sono avvenuti i… chiamiamoli così, mescolamenti genealogici (che tradotto vuol dire: matrimonio) fra un discendente del Cristo e un membro della famiglia reale della Dinastia Merovingia?
I Merovingi, discendenti di Cristo?
Affascinante, è stata definita questa teoria: stravagante, direi io. Inquietante e perfino mortificante per l’umano intelletto.
Per decine di secoli, dunque, una “genia divina” (il Cristo sarebbe oppure no, Figlio di Dio?) avrebbe vissuto in mezzo a poveri mortali senza mai intervenire in guerre, genocidi, pestilenze, e altro? Uomini e donne, dal sangue divino, avrebbero condotto la propria esistenza come qualsiasi mortale su questa Terra?
Tutto questo, fino a quando qualcuno non li ha “scovati”: un pretino francese che in punto di morte ha rivelato il suo “segreto”… un pretino che, tra le altre vicissitudini, era stato perfino scomunicato per attività simoniaca.
Sotto la chiesa, infatti, si trova una cripta ed è probabile che al suo interno vi fossero reperti antichi con il cui traffico clandestino, il bravo pretino si sia è arricchito: era quello il ”tesoro”.

A questo punto la domanda è d’obbligo: i messaggi delle
Pergamene sono autentici oppure no?
La sottoscritta dubita perfino della loro esistenza! Chi ha potuto dare un’occhiata al famoso pilastro che regge l’altare, ha potuto anche costatare che il nascondiglio( un minuscolo foro) è talmente piccolo da non poter contenere assolutamente nulla e tanto meno quattro pergamene.

Oltre alle Pergamene, però, replicano gli irriducibili di tale teoria, ci sono varie iscrizioni e rebus, distribuiti qua e là, all’interno ed all’esterno della chiesa.
Quello che per molti costituisce un affascinante rompicapo si trova inciso sul portale. Breve e lapidario, recita così:
“Terribilis est locus iste”
Una scritta latina che per molti significherebbe :
«Questo luogo è terribile »
Un vero latinista, però, come la tradurrebbe?
Ricordo ancora la famosa frase risalente ai miei primi approcci con questa “morta” ma sempre viva lingua: “mus farinam est”. Io credevo che il topo fosse fatto di farina, anziché mangiarsela, la farina.
La spiegazione più semplice e plausibile dovrebbe essere ricercata nella personalità di colui che ha tracciato tale iscrizione e cioè il bravo, simoniaco pretino, il buon
Sauniére il quale l’ha estrapolata da un versetto biblico:
“Terribile è questo luogo, che è la Casa del Signore e la Porta del Cielo” (Genesi, 28 – 17) e terribile sta per mirabile
e non certo, spaventevole.
Quale credente definirebbe terribile e spaventevole una Chiesa, ossia la Casa del Signore?

C’è, poi, la sibillina iscrizione: “Christus A.O.M.P.S. DEFENDIT” tradotta in:
“Cristo difende l’Antico Ordine Mistico del Priorato di Sion”… ma, del Priorato di Sion ci occuperemo prossimamente.

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Non c’è mistero che si rispetti senza la propria pergamena,
rotolo di papiro o lastra di pietra o bronzo.
Famose sono diventate quelle di Rennes-le-Chateau, in Francia.
Dove e quando, sono spuntate fuori?
Nel 1.887, nella chiesa del paese, durante i lavori di restauro dell’altare, promossi dal parroco, Berenger Saunière.
Le offerte dei fedeli furono piuttosto generose (lasciti, messe, indulgenze ed altro) e il buon parroco si trovò a maneggiare parecchi quattrini. Circostanza, questa, che scatenò l’estro creativo dello scrittore francese G. De Sède, autore delle improbabili e fantasiose vicende di un romanzo intitolato “Le tresor maudit” (Il tesoro maledetto).
All’interno di una colonna che sosteneva l’altare, si disse,
il parroco aveva trovato delle pergamene dai contenuti enigmatici e alquanto misteriosi. Tali da convincerlo a recarsi fino a Parigi per sottoporli a “lettura” da parte di esperti di messaggi criptati.
Ed è a questo punto che cessa il buon senso e ci si tuffa in un mare di congetture, supposizioni e perfino mistificazioni.
L’esperto parigino (o parigina… non si sa con precisione) così traduce ed interpreta due delle pergamene:

La prima iscrizione:
“A re Dagoberto II ed a Sion appartiene questo tesoro. Egli è morto lì.”
Che cosa significa? Che quella pergamena era la mappa di un tesoro? Un tesoro a cui il buon parroco avrebbe attinto a piene mani ed, in parte, generosamente distribuito, contribuendo personalmente ai lavori di restauro?
E quei due nomi: re Dagoberto II e Sion (che sta per Priorato di Sion)?
Dagoberto era un Sovrano della stirpe dei Merovingi.
I Merovingi erano Franchi, lo si sa. Quello che non si sa, è il legame di questo Sovrano con i fatti di Rennes-le-Chateau e la famiglia del Cristo che, secondo certe teorie, abbia finito proprio lì i suoi giorni e vi sia stato sepolto.
Leggenda nella leggenda: re Dagoberto era un discendente di Gesù, come questi lo era di re Davide?
E il Priorato di Sion?
Sarebbe una setta e di essa ci occuperemo a breve.
La seconda parte dell’iscrizione, quel “Egli è morto lì”, indicherebbe il luogo di sepoltura del corpo del Cristo (di cui ci siamo già occupati)

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Non c’è mistero che si rispetti senza la propria pergamena,
rotolo di papiro o lastra di pietra o bronzo.
Famose sono diventate quelle di Rennes-le-Chateau, in Francia.
Dove e quando, sono spuntate fuori?
Nel 1.887, nella chiesa del paese, durante i lavori di restauro dell’altare, promossi dal parroco, Berenger Saunière.
Le offerte dei fedeli furono piuttosto generose (lasciti, messe, indulgenze ed altro) e il buon parroco si trovò a maneggiare parecchi quattrini. Circostanza, questa, che scatenò l’estro creativo dello scrittore francese G. De Sède, autore delle improbabili e fantasiose vicende di un romanzo intitolato “Le tresor maudit” (Il tesoro maledetto).
All’interno di una colonna che sosteneva l’altare, si disse,
il parroco aveva trovato delle pergamene dai contenuti enigmatici e alquanto misteriosi. Tali da convincerlo a recarsi fino a Parigi per sottoporli a “lettura” da parte di esperti di messaggi criptati.
Ed è a questo punto che cessa il buon senso e ci si tuffa in un mare di congetture, supposizioni e perfino mistificazioni.
L’esperto parigino (o parigina… non si sa con precisione) così traduce ed interpreta due delle pergamene:

La prima iscrizione:
“A re Dagoberto II ed a Sion appartiene questo tesoro. Egli è morto lì.”
Che cosa significa? Che quella pergamena era la mappa di un tesoro? Un tesoro a cui il buon parroco avrebbe attinto a piene mani ed, in parte, generosamente distribuito, contribuendo personalmente ai lavori di restauro?
E quei due nomi: re Dagoberto II e Sion (che sta per Priorato di Sion)?
Dagoberto era un Sovrano della stirpe dei Merovingi.
I Merovingi erano Franchi, lo si sa. Quello che non si sa, è il legame di questo Sovrano con i fatti di Rennes-le-Chateau e la famiglia del Cristo che, secondo certe teorie, abbia finito proprio lì i suoi giorni e vi sia stato sepolto.
Leggenda nella leggenda: re Dagoberto era un discendente di Gesù, come questi lo era di re Davide?
E il Priorato di Sion?
Sarebbe una setta e di essa ci occuperemo a breve.
La seconda parte dell’iscrizione, quel “Egli è morto lì”, indicherebbe il luogo di sepoltura del corpo del Cristo (di cui ci siamo già occupati)

La seconda iscrizione:
“Pastora. Nessuna Tentazione. Che Poussin, Teniers detengono la chiave: Pace 681. Per la Croce e per questo Cavallo di Dio, io compio “anniento” questo demone di guardiano a mezzogiorno. Mele Azzurre.”
Che cosa significherebbe?
Chiave 681 sarebbe l’anno in cui sono avvenuti i… chiamiamoli così, mescolamenti genealogici (che tradotto vuol dire: matrimonio) fra un discendente del Cristo e un membro della famiglia reale della Dinastia Merovingia?
I Merovingi, discendenti di Cristo?
Affascinante, è stata definita questa teoria: stravagante, direi io. Inquietante e perfino mortificante per l’umano intelletto.
Per decine di secoli, dunque, una “genia divina” (il Cristo sarebbe oppure no, Figlio di Dio?) avrebbe vissuto in mezzo a poveri mortali senza mai intervenire in guerre, genocidi, pestilenze, e altro? Uomini e donne, dal sangue divino, avrebbero condotto la propria esistenza come qualsiasi mortale su questa Terra?
Tutto questo, fino a quando qualcuno non li ha “scovati”: un pretino francese che in punto di morte ha rivelato il suo “segreto”… un pretino che, tra le altre vicissitudini, era stato perfino scomunicato per attività simoniaca.
Sotto la chiesa, infatti, si trova una cripta ed è probabile che al suo interno vi fossero reperti antichi con il cui traffico clandestino, il bravo pretino si sia è arricchito: era quello il ”tesoro”.

A questo punto la domanda è d’obbligo: i messaggi delle
Pergamene sono autentici oppure no?
La sottoscritta dubita perfino della loro esistenza! Chi ha potuto dare un’occhiata al famoso pilastro che regge l’altare, ha potuto anche costatare che il nascondiglio( un minuscolo foro) è talmente piccolo da non poter contenere assolutamente nulla e tanto meno quattro pergamene.

Oltre alle Pergamene, però, replicano gli irriducibili di tale teoria, ci sono varie iscrizioni e rebus, distribuiti qua e là, all’interno ed all’esterno della chiesa.
Quello che per molti costituisce un affascinante rompicapo si trova inciso sul portale. Breve e lapidario, recita così:
“Terribilis est locus iste”
Una scritta latina che per molti significherebbe :
«Questo luogo è terribile »
Un vero latinista, però, come la tradurrebbe?
Ricordo ancora la famosa frase risalente ai miei primi approcci con questa “morta” ma sempre viva lingua: “mus farinam est”. Io credevo che il topo fosse fatto di farina, anziché mangiarsela, la farina.
La spiegazione più semplice e plausibile dovrebbe essere ricercata nella personalità di colui

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E’ sicuramente il falso d’autore più intrigante della Storia. Ma a cosa si riferisce?
Ad una ipotetica tomba di Cristo che si troverebbe nei pressi del villaggio di Rennes-le-Chateau, in Francia.
Chi ne è stato l’artefice?
Come prima risposta verrebbe da fare il nome di Dan Brown, autore del libro: “Il Codice da Vinci”. In realtà, questo libro, che ha reso multi miliardario il suo autore, è lo sviluppo, fantasioso e romanzato, di un’altrettanta fantasiosa ricerca condotta nel 1.980 dai giornalisti Lincoln, Leigh e Baigent: “Il Santo Graal”
Secondo le ricerche e gli studi condotti dai tre giornalisti, il Cristo non sarebbe morto sulla cr

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La Leggenda di Brunilde e Sigfrido

Brunilde era una delle più belle Valchirie, vergini-guerriere inviate, secondo la mitologia nordica, sui campi di battaglia a scegliere i combattenti destinati a morte gloriosa.
Era, però, anche la più testarda ed orgogliosa e con attitudine alla disobbedienza.
Proprio a causa di quel suo carattere, per punizione Odino, Re degli Dei, la relegò sulla cima di un monte circondato di fiamme.
A salvarla arrivò l’eroe di stirpe divina, Sigfrido.
Tra i due scoppiò l’amore. Reciproco e totale che, come spesso succede, attirò sui due innamorati, invidie e gelosie.
Il cattivo di turno era il mago Hayen, vero genio del male, segretamente e follemente innamorato della bella Valchiria.
Egli riuscì con un incantesimo a dividere i due amanti.
Con un filtro magico, fatto bere con l’inganno a Sigfrido, ospite del Re dei Burgundi, fece accendere d’amore e di passione il cuore dell’eroe per la bella Crimilde, figlia del Re.
Sotto l’effetto dell’incantesimo, l’eroe abbandonò Brunilde e sposò Crimilde.
E non si accontentò di questo. Brigò e ci riuscì, a far sposare Brunilde con Gunther, fratello di Crimilde
Umiliata e offesa, la bella Valchiria finse di accondiscendere alle richieste dell’ ex-innamorato: sposò Gunther, ma dentro di sé covò una terribile vendetta: rivelò al perfido Heyen il punto vulnerabile dell’eroe.
Sigfrido, infatti, in una delle tante sue imprese, aveva affrontato ed ucciso il drago Fafnir e si era bagnato nel suo sangue, rendendosi invulnerabile. Ad eccezione della spalla sinistra, su cui si era depositata una foglia.
Proprio in quel punto della spalla fu scagliata la freccia che lo uccise.
Quando apprese dell’inganno del filtro, Brunilde, non reggendo al dolore e al rimorso, si lanciò con il cavallo sulla pira che Crimilde aveva fatto innalzare per adagiare il cadavere dell’eroe, e vi trovò la morte.
Le fiamme si alzarono e raggiunsero il Walhalla, la residenza degli Dei, Odino l’accolse a braccia aperte e dove gli spiriti dei due amanti vissero uniti e per sempre.

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Katia la Dolce, figlia del saggio Magnus, secondo una leggenda nordica, era ritenuta la ragazza più bella di tutta l’Islanda e per questo era da tutti corteggiata e ammirata.
Fra i pretendenti c’era anche il feroce guerriero Styr, capo degli Sturle , un gruppo di guerrieri-banditi che terrorizzavano villaggi e contrade costringendo la popolazione ad ogni sorta di angherie.
La bella Katia rifiutò le sue profferte amorose, ma Styr non era tipo da accettare un rifiuto. Violento e prepotente, abituato ad ottenere o prendersi con la violenza tutto ciò che voleva, case, castelli e terreni e altro, non gradì per nulla quel rifiuto.
Con alcuni compagni, fra i più violenti e sanguinari della banda, irruppe nella casa di Magnus.
Magnus fu subito ridotto all’impotenza e i due giovanissimi fratelli, Gunt e Thor, accorsi in aiuto della sorella, furono barbaramente uccisi.
La povera ragazza venne trascinata via con la violenza e costretta a partecipare ad un orgiastico banchetto in suo onore.
Nel momento, però, in cui Styr, in preda ai fumi dell’alcool, si avventava sulla ragazza per violentarla, qualcosa di straordinario lo fermò: gli spettri di Gunt e Thor, che si frapposero fra lui e la sorella.
La faccia sconvolta dal terrore e dallo smarrimento, il feroce bandito barcollò e si accasciò ai piedi della ragazza.
Costretto, infine, secondo le usanze del tempo, a comparire davanti ad un Tribunale e condannato a sostenere un duello con un Guerriero-Campione, Styr, in preda alla follia più cupa, si detta alla fuga e vagò a lungo nelle brughiere brumose d’Islanda, fino a che la morte non lo colse in maniera assai misteriosa.

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Fu proprio a quel contatto che la sua inquietudine si trasformò in apprensione, prima di mutarsi in angoscia.
Faceva molto caldo; un caldo opprimente ed implacabile: causa di molti malori.
La ragazza ebbe l’impulso di fuggire, ma si trattenne, soprattutto per riguardo verso la sua compagna, che seguì fino alla fontana di Zam-Zam.
Qui, la sua angoscia precipitò nel terrore; un terrore incontrollabile che la costrinse a staccarsi dai compagni e dirigersi, in una corsa sfrenata, verso i ponticelli di Safa e Marwal, bisbigliando frasi sconnesse:
“Signore, Signore. – diceva – Salva la vita di Ismaele… figlio di Agar e figlio di Abramo. Abbi pietà di Agar… Agar… Agar..”
Portava ancora nelle orecchie la voce di Sara, la prima moglie di Abramo, gelosa di lei, da quando aveva partorito il suo figliolo… il piccolo Ismaele.
Sara era sterile e la Legge le consentiva di diventare madre per mezzo suo, ma poi, anche Sara era diventata madre… madre di Isacco. Aveva ancora negli occhi la visione della sposa si Abramo offesa perché Ismaele si era preso gioco del figlio di lei: Isacco.
“Scaccia questa donna. – aveva detto ad Abramo – E scaccia anche suo figlio. Io non voglio che sia erede con mio figlio Isacco.”
Era stata scacciata, col figlio Ismaele, ed aveva lasciato la tribù assieme ad una fedele ancella.
Con del pane ed un otre d’acqua, che Abramo aveva fatto mettere in una bisaccia, avevano affrontato il deserto; l’acqua, però, era venuta presto a mancare nell’otre.
Lei avrebbe voluto raggiungere il Nilo, il fiume lontano presso le cui riva era nata; avrebbe voluto tornare nella sua terra, ma non conosceva la strada e il deserto era grande, terribile e soprattutto implacabile con la gente sprovveduta.
La sete aveva cominciato a minare la loro resistenza fisica ed a confondere le idee, che si agitavano scomposte dietro la fronte come calabroni nei loro nidi.
Un pensiero, però, più degli altri, l’atterriva: quello di veder morire la propria creatura.
Aveva cominciato a pregare tutti gli Dei, quelli lasciati nella terra d’Egitto e quello incontrato nella terra di Abramo:
“Abbiate pietà… – pregava – Abbiate pietà del figlio innocente di Agar.”
Aveva visto un arboscello; null’altra vegetazione poteva crescere in quel deserto pietroso.
Sotto quell’ombra avevano cercato un momentaneo riparo, prima di tornare a vagare alla ricerca di acqua. Le vesti erano lacere, i piedi tormentati, il volto arso dal sole e la stanchezza era in agguato e aveva finito per rubare le loro ultime forze.
“Pietà per mio figlio Ismaele… pietà per mio figlio… un sorso d’acqua.” continuava ad invocare, quand’ecco una voce piovere dal cielo:
“Agar, non temere… Dio ha ascoltato le tue preghiere.”
Si era fermata ed aveva finalmente scorto la presenza di un pozzo che prima, accecata dalla disperazione non aveva visto. Di quella s’era dissetata ed aveva dissetato suo figlio e l’ancella.

Esausta per la corsa, il respiro affannoso e lo sguardo perso nell’infinito, così, più tardi, Jasmine ed Ibrahim ritrovarono Piera.
“Piera, che cosa è successo?” chiese Jasmine con accento di stupore e un po’ di preoccupazione.
“Ismaele…la mia creatura…” rispose la ragazza sollevando sull’amica lo sguardo smarrito.
“Signorina Piera, cosa sta dicendo?” anche Ibrahim la guardava stupito
“Ora che Ismaele non morirà di sete, – Piera riprese a balbettare – Agar ha raggiunto la serenità.”
“Chi è questa Agar?”
“Sono io, Agar. Sara mi ha scacciata, ma il Dio di Abramo ha ascoltato le mie preghiere.”
“Ma che stranezze sta dicendo, la signorina Piera? – scuoteva il capo Ibrahim.- Sembra confusa… il sole… Il sole, qui, non è alleato dell’uomo.” sospirò.
“Già! – assentì Jasmine – Non è abituata a questa calura.”
“Portiamola via di qua. Che la Misericordia di Allah la sostenga.”
“E’ convinta di essere un’altra persona… una certa Agar…”
“Agar? – scosse il capo Ibrahim – Non sarà la Agar della Bibbia, la madre di Ismaele, il Patriarca?”
“Stava proprio parlando di suo figlio Ismaele… – convenne Jasmine, poi suggerì – Portiamola fuori del Tempio. In ospedale ci diranno che cosa può esserle accaduto.”
La condussero ad un posto di soccorso, poi in ospedale, dove la ragazza fu trattenuta per più di una settimana, prima di essere rimpatriata.

Sono passati quasi quattro mesi, ma Piera dice ancora di chiamarsi Agar e fa rivelazioni su posti e luoghi che conosce perfettamente senza esserci mai stata.

Nota. Chi volesse approfondire la vera storia di Agar, controversa figura biblica che, ponendosi in una posizione critica rispetto alle cons